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Pandipanico va in vacanza

  Pan di panico va in vacanza per un po’. Di solito, io non sono molto brava con le vacanze, perché mi generano un senso di terrore, di cui ho già parlato molte volte. Quando ero piccola, il senso di terrore era grandissimo, perché, quando finiva la scuola, non c’era più nulla a regolare le mie giornate. Le ore si trascinavano lente nella penombra della casa, dietro alle persiane che mio padre ci obbligava a tenere chiuse per non essere invasi dal caldo. Io, però, avrei preferito il sole, perché mi avrebbe messo meno malinconia. In questo vuoto senza confini, un po’ mi rassicuravano i compiti delle vacanze. Era come se mi dicessero che ero ancora una persona con un’identità esterna al mondo della casa. Alla fine delle vacanze, ero aspettata in classe, dove avevo un’esistenza chiara e delineata. Se a settembre, questa identità sui banchi non mi sembrava una gran fortuna, nel vuoto nell’estate era tutto ciò a cui potermi aggrappare. Quando, al mare, passavo le ore dopo pranzo in co

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