La fatica di scattare le foto
Io odio scattare le foto.
Da piccola, in realtà, non era proprio così, e ho qualche
album pieno di fotografie di pessima qualità di gite scolastiche, in cui ritraevo
le teste dei miei compagni di classe oppure sceglievo di documentare ogni
singola cosa che avevamo visto. In una gita a un vecchio castello, per esempio,
avevo fotografato ogni attrezzo in mostra nelle diverse stanze. Sono album
noiosissimi.
Mia sorella, invece, ogni estate, in montagna, faceva foto
alle mucche. Non so perché, ma ogni anno si fermava e scattava le stesse foto
alle stesse mucche, o a mucche molto simili.
Il mio album migliore, però, è stato in occasione del primo
viaggio in aereo che abbiamo fatto, per andare a Parigi, alla fine della mia
scuola elementare. Ci sono infinite foto di pezzi di attrazioni di Disneyland,
ma ce ne è anche una della Senna e una di Notre Dame. E poi ce ne è una di me, mio
padre e mia madre fuori da un ristorante, foto che mia madre ha etichettato come
l’unica in assoluto in cui le piace come è venuta. Mia madre, infatti, odia
essere fotografata e cerca sempre di andarsene al momento dello scatto, con il
risultato che ci sono molte sue fotografie in cui lei appare storta, perché stava
cercando di allontanarsi e di mettersi fuori campo. Solo che questa foto, in
effetti, non l’ho scattata io, ma mia sorella.
Le foto scattate da me erano abbastanza brutte, ma mi
piaceva farle, in fondo. Era divertente.
Forse scattavo più fotografie perché avevo una macchinetta e
non il cellulare.
Quindi, è colpa del cellulare.
Si legge di meno: è il cellulare; ci si distrae: è il
cellulare; non si vedono più le persone: è il cellulare; non si va al cinema: è
il cellulare.
Quando vedo qualcosa che non va, io cerco di spiegarmelo
così, con il cellulare. Solo che poi, a volte, mi pare un po’ esagerato.
Allora cerco di non farlo, soprattutto perché mi fa sentire
come i vecchi che sentenziano: “Prima, quando ero piccolo io, tutto era meglio.
Era meglio il traffico, perché era meno traffico; era meglio l’aria, perché era
più pulita; erano meglio i film ed erano meglio le canzoni, perché erano più
belle e basta; era meglio avere poche cose, perché poi si apprezzavano. Erano
meglio le stagioni, perché esistevano ancora, e c’erano pure le mezze stagioni.”
Era meglio tutto, e ora è tutto peggio.
E io ad alcune cose ci credo, soprattutto se si parla di
stagioni e di clima e di aria, ma per il resto non mi sembra di essere
cresciuta in un tempo orribile, quindi non so, le persone che sono più piccole
di me penseranno la stessa cosa del tempo in cui erano o sono bambini ora.
Però sono sicura che sia per colpa del cellulare che non faccio
fotografie.
È che detesto l’idea di doverle poi stampare o, almeno, di
doverle selezionare e archiviare in qualche modo. Sul computer ho cartelle su
cartelle di foto che erano dentro al mio vecchio telefono. Sono foto senza
alcun criterio: scattate da me, scattate da amici, scattate da persone
sconosciute e raffiguranti luoghi e soggetti mai visti.
Qualche settimana fa, in un momento di distrazione, le ho
aperte e le ho guardate tutte, una dopo l’altra, anche quelle che non capivo
cosa fossero. Volevo solo distrarmi. Ecco, è colpa del cellulare, se volevo
distrarmi guardando le foto.
Oppure è che mi piace guardare le foto, mi piace molto. Solo
che, per guardarle, dovrei prima averle fatte.
La cosa migliore è quando gli altri le scattano per me.
Se mi trovo in giro con qualcuno, magari per un viaggio o
per un’occasione particolare, io delego sempre a loro il compito di scattare le
foto.
Con A., però, è un disastro, perché a nessuno dei due piace
fare foto. Qualche mese fa volevamo stampare delle nostre foto, e ci siamo
accorti che non esistono. Ce ne sono davvero poche in cui siamo in due, o anche
in cui uno ha scattato una foto all’altra.
Le poche foto che ho io sono tutte foto di oggetti, di libri,
di angoli della casa e di cibi.
Quasi tutte sono state scattate per essere inviate a mia
madre. A volte anche a mia sorella e a qualche amica, raramente a mio padre (perché
penso che mia madre gliele farà vedere, ma a volte mi dispiace non mandargliele
e allora gliele invio pure a lui). Raffigurano principalmente oggetti, piccole
modifiche in casa e, soprattutto, cibi che ho cucinato.
E sono brutte.
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