Quando inizia l'estate?

 


L’altro giorno dei bambini mi hanno detto, a colpo sicuro, che l’estate inizia l’8 giugno. Mi hanno detto così perché è il loro ultimo giorno di scuola.

Stavamo facendo un esercizio con delle cartoline impilate una sull’altra, in cui bisognava rispondere in inglese a delle domande sull’estate, domande come: “Se potessi viaggiare in qualunque posto, dove andresti?”, oppure: “Che gusto di gelato ti piacerebbe inventare?”. A quest’ultima domanda, una bambina ha risposto, seria: “Gelato agli arrosticini”. Quando io ho dichiarato il mio completo disgusto, dicendo che neanche mangiavo quelli veri, di arrosticini, lei mi ha guardato come se fossi pazza. “Anche se sei vegetariana, non puoi non mangiare gli arrosticini”, ha decretato.  

Quando siamo arrivate alla domanda sull’inizio dell’estate, mi ha risposto che iniziava l’8 giugno. La stessa cosa mi era stata detta da suo fratello un’ora prima e da altri bambini la settimana scorsa. Quando ho fatto notare che la scuola non finisce sempre lo stesso giorno e quindi, con questo ragionamento, l’estate dovrebbe iniziare sempre un giorno diverso, sono parsi molto perplessi.

Alla fine, però, hanno convenuto che aveva senso l’idea di una data fissa per l’inizio dell’estate, anche se preferivano la loro versione dei fatti, che l’estate inizia quando non devono più andare a scuola.

Devo dire che questa idea piace anche a me. Mi sono molto immedesimata con i bambini e i ragazzi a cui faccio lezione. Forse vorrei essere come loro, e avere la fine della scuola che mi dice che l’estate è iniziata, ma non ne sono poi così sicura. Quando ero piccola e le vacanze iniziavano, io mi sentivo sprofondare in una landa deserta di caldo e terrore, come dico qui.

Ma mi sono immedesimata lo stesso, e continuo a ripetere a tutti quanti: “Tra poco la scuola è finita e ti riposi!”. Un po’ lo dico perché spero, in questo modo, di convincerli a fare la lezione di inglese invece di distrarsi per tutto il tempo. Anche io vorrei distrarmi con loro e sento che le mie energie, con il caldo, sono quasi finite, ma cerco di non farglielo capire. Credo che loro lo abbiamo percepito benissimo.

Allora, per tirarmi su, ripeto anche a me stessa: “Tra un po’ la scuola è finita!”. È vero che io, invece, devo studiare per gli esami ma, almeno, una volta finita la scuola non dovrò più fare lezioni.

E, per ora, la maggior parte del mio studio consiste nel leggere alcuni romanzi o poesie. A., invece, studia i tumori. Gli ho proposto uno dei romanzi che leggo per un esame per una pausa.

Intanto, mi affanno a capire il tempo, ma non lo capisco. Mi affanno per non angosciarmi ogni volta in cui il meteo impazzisce e Roma sembra essersi dotata di un clima tropicale e umido, con caldo la mattina e forti piogge nel pomeriggio. Io non ci penso, o meglio, a un certo punto smetto di farlo per evitare di farmi venire troppa ansia per il clima.

Vado al mercato, compro le ciliegie e il contadino dice che sono le prime e forse anche le ultime, perché se piove troppo si rovineranno. Da settimane non raccoglie le fragole, sono sprofondate nell’acqua. Io lo sento ma non lo ascolto troppo, prendo la frutta e la verdura e infilo tutto nei miei sacchetti di stoffa. Due signore mi indicano, mentre infilo tutti i miei sacchi di stoffa nello zaino stracolmo, e dicono: “Quando vedo lei mi sento sempre in colpa”. E allora io penso: “Ma no, ma come, non deve essere così, non dobbiamo sentirci in colpa per questo, se voi vi sentite in colpa per i miei sacchetti di stoffa io ho fallito e mi dispiaccio, il mio obiettivo non è farvi sentire in colpa, proprio per niente. Non dobbiamo sentirci in colpa noi singoli ma agire contro le aziende inquinanti che ci raccontano che siamo noi il problema, noi con i nostri sacchetti.”

Ma mi limito a sorridere, a pagare e a mettermi il mio zaino pesantissimo sulle spalle. Torno a casa, controllo di non essermi bruciata. Metto la crema solare ogni volta in cui devo uscire e non sono le sei di mattina.

Faccio tutte queste cose e a volte ne faccio troppe, e spesso non vorrei farne troppe perché vorrei concentrarmi meglio sul mondo intorno a me. Se mi concentrassi meglio su tutto quanto, penso, forse potrei riuscire a dargli un senso, potrei riuscire a capirlo.

Forse non mi concentro proprio perché mi fa paura capirlo, e preferisco stare in questa incertezza.

 

Foto di Daniel Öberg su Unsplash

 

Commenti

Post più popolari