L'ossessione del meteo
Spesso sono ossessionata dalle previsioni meteorologiche.
Nei periodi in cui inizia a piovere per un po’, le consulto
svariate volte al giorno. È più forte di me, devo sapere. Devo sapere se
pioverà o no, e in quali orari, per decidere due cose che occupano un posto
fondamentale nelle mie giornate: la corsa la mattina presto e l’uso della
bicicletta in tutto il resto della giornata.
Sono due attività influenzate (per non dire cancellate)
dalla pioggia, e io voglio sempre sapere come agire nei loro confronti.
Per questo motivo, io controllo le previsioni. La mattina,
la sera, all’ora di pranzo. Prima di andare a dormire e appena alzata: devo
controllare se, nel frattempo, sono cambiate. Il sito delle previsioni
dell’aeronautica militare, per esempio, indica le percentuali di probabilità di
pioggia, ora per ora. Ecco, io controllo quelle percentuali varie volte al
giorno per vedere se, nelle ore che mi interessano, sono cambiate oppure no.
Cerco di fare questa operazione con un occhio neutro. È
facile, infatti, esultare se leggo che non è più prevista pioggia la mattina in
cui intendevo andare a correre. Ma mi pare brutto, visti i tempi. Conosco i
gravi danni della siccità e quello che comportano e, anche se so benissimo che
non verranno sventati da una pioggia passeggera, mi dico che non devo esultare
se non piove mai.
E quindi ci provo, a non esultare. Ma a volte è difficile,
perché la pioggia passeggera arriva proprio alle sette di mattina del giorno in
cui volevo andare a correre.
E mi viene l’ansia. Allora mi dico: ma ti viene l’ansia anche per la crisi climatica, un’ansia molto maggiore, quindi potresti
placarla con questa pioggia in arrivo, invece di fartene venire un’altra. Ma
non funziona proprio così. Perché correre, in genere, mi fa passare tutte le
ansia, compresa quella per il clima. Solo provvisoriamente, certo, ma è sempre
meglio di niente. E allora questa cosa di dovermi rallegrare per la pioggia mi
riesce difficile. Le due ansie entrano in competizione e non so più a quale
delle due dar retta.
Questa mia battaglia interiore si ripete spesso, e può
durare anche per un po’. A un certo punto mi dico che la mia personale opinione
sulle precipitazioni atmosferiche non riuscirà a influenzarle, e la questione
finisce lì.
Continuo a controllare le previsioni e, sulla base di quello
che leggo, programmo le mie giornate. Perché un nodo centrale è proprio questo:
riprogrammare tutto appena cambiano le previsioni.
Visto che non posso controllare il tempo atmosferico, visto
che devo sottostare a quello che decide lui, tento di arrivare a una sua conoscenza
così approfondita da poter gestire i suoi cambi con facilità.
Sposto delle immaginarie pedine nella mente, pedine che raffigurano
una me che va a correre se non piove o una me che resta a casa se piove, e cerco
di capire in quale giorno della settimana posizionarle. In questo gioco, poi, c’è
anche un bonus: le volte migliori di tutte sono proprio quelle in cui corro il
rischio della pioggia e vado a correre nei giorni nuvolosi, perché non ho il
sole a darmi fastidio.
Per la bicicletta, invece, è un po’ diverso: se piove tanto,
non la posso usare, ma devo comunque spostarmi in qualche modo, in genere a
piedi. Per andare alle lezioni del pomeriggio, invece di prendere la bici, vado
a piedi. Esco molto prima e cammino fino alle case dei bambini a cui do lezione
ascoltando un podcast dopo l’altro. E, in genere, appena inizio a camminare la
pioggia smette.
In tutto ciò, però, c’è una contraddizione.
A me la pioggia piace. Non solo perché fa bene alle piante e
ai laghi e ai terreni e, quindi, a noi. No. A me piace correre e camminare
sotto la pioggia, mi piace bagnarmi.
Però, non so perché, ho sempre paura che qualcosa vada male,
se vengo colta da un acquazzone. Mi si romperà il cellulare? Scivolerò sulla
bicicletta? Mi verrà la febbre?
Quindi, nel dubbio, io continuo a controllare le previsioni
metereologiche, anche se mi piace la pioggia.
Foto di Angela Compagnone su Unsplash
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