Gli spoiler e i miei genitori

 



Ho già parlato della mia amica che, al liceo, mi aveva rivelato il finale di Anna Karenina perché “tanto tutti sanno come finisce”.

Nel raccontarmi come si concludeva la storia, nel farmi lo spoiler, come si dice in genere, la mia amica era in buona compagnia.

Quella dei miei genitori.

Avvertenza: so che a molte persone non piace, giustamente, ricevere spoiler. Per le persone che sono state fortunate da non riceverne sui libri e sui film di cui parlo qui sotto, ho scritto il titolo del film e del libro all’inizio del paragrafo, in rosso. Per evitare lo spoiler, basta evitare il paragrafo. I piccoli paragrafi che non iniziano con un titolo rosso non contengono spoiler.

Notorius. Quando ero piccola e i miei genitori bevevano il caffè, capitava che uno dei due dicesse: “Non prendere questa tazzina, ma quest’altra”, perché aveva già messo lo zucchero. L’altro, allora, rispondeva: “Perché, questa è avvelenata?”. E da qui partiva il racconto della famosa scena di Notorius in cui la suocera e il marito di Ingrid Bergman urlano al dottor Otto di non bere dalla tazzina che ha appena preso in mano, perché non è la sua (è quella di Ingrid Bergman, ed è avvelenata). Quando ho iniziato a vedere tanti film, sono arrivata anche a Hitchcock e a Notorius. Ma, mentre aspettavo la scena, mi sono resa conto che, a quel punto del film, lo spettatore non dovrebbe già avere quell’informazione sul veleno, dovrebbe essere un colpo di scena. Arrabbiata, l’ho fatto notare ai miei genitori. “Ma vabbè, è un capolavoro” ha risposto mio padre, “non importa.”

L’assassinio di Roger Ackroyd. Mio padre è stato l’autore di un altro grande spoiler, questa volta ai danni di un libro di Agatha Christie. In questo caso, il suo commento era stato più sottile, ma abbastanza rivelatorio da rovinarmi il libro. Mi aveva consigliato L’assassinio di Roger Ackroyd dicendo: “è bellissimo, c’è un colpo di scena geniale per un giallo, per il colpevole. Vedrai, proprio un dettaglio particolare.” Avendo già letto vari libri di Agatha Christie e avendoli trovati tutti abbastanza geniali, ero rimasta incuriosita e mi ero interrogata su quale potesse essere il dettaglio particolare. Poco prima della metà del libro l’avevo trovato. A differenza di altri gialli di Agatha Christie, questo era narrato in prima persona. Ecco qual era il colpo di genio: l’assassino era il narratore. Quando il finale aveva confermato i miei sospetti, avevo urlato contro mio padre.

Gli spoiler di mia madre, invece, spesso erano vaghi, perché non ricordava bene le trame. Per anni mi ha raccontato che La dolce vita era un film terribile e noiosissimo, poi l’ha rivisto e mi ha detto: “No, era solo che non mi ricordavo niente”. Quando ho letto Il giovane Holden mi ha detto che era un libro tristissimo, ma su questo non ha cambiato idea. Secondo lei, se uno lo legge da adulto, è un libro tristissimo.

A volte questa mancanza di memoria di mia madre faceva sì che i suoi spoiler fossero sbagliati. Il che potrebbe sembrare una cosa bella, in fondo: se sono spoiler sbagliati, non sono veri spoiler. Ma non era esattamente così.

La certosa di Parma. A un certo punto del liceo, su consiglio/obbligo di mia madre, ho letto tantissimi romanzi francesi. Non erano romanzi particolarmente felici. Colta dal dispiacere per le vicende raccontate, andavo a cercare conforto da mia madre. “Ma poi finisce bene?” le chiedevo. Le ho fatto questa domanda arrivata agli ultimi capitoli de La certosa di Parma, mentre si susseguiva una tragedia dietro l’altra. Non volevo avere uno spoiler, ma capire se dovessi prepararmi al peggio. Ma mia madre mi aveva rassicurata che “no, no, poi finisce bene” e io avevo continuato a leggere tragedia su tragedia con animo rasserenato. Solo che, invece, finiva malissimo. Furibonda, ero andata da mia madre a protestare. “Ah, è vero”, era stata la sua risposta, “finiva talmente male che ho dimenticato il finale e l’ho sostituito con un altro momento del libro”.

E, infine, ci sono anche degli spoiler utili.

Into the Wild. Come dico qui, al liceo io e la mia amica Diletta siamo andate a vedere Into the wild, rimanendo traumatizzate. C’era con noi anche una nostra compagna di classe alla quale, prima che il film iniziasse, ero stata io a fare lo spoiler: “è una storia vera, lui muore”, le avevo detto. Sul momento si era arrabbiata, ma quando era finito mi aveva ringraziato: “Se non lo avessi saputo sarebbe stato ancora più tremendo”.

Forse alcuni spoiler dovrebbero essere rivalutati.

Una volta mia zia mi ha rivelato di andare spesso a leggere la fine dei libri. “Così, mentre li leggo, sono più attenta ai dettagli e me li godo di più, so già come va a finire.”

A me era sembrata una cosa tremenda. Da un po’ di tempo, però, mi sono accorta che, se in un libro accade qualcosa che proprio mi dà fastidio, vado avanti di qualche pagina per essere rassicurata.

Ma poi, in realtà, me ne pento sempre e mi dico che dovrei avere più coraggio.

 

 Foto di Sam 🐷 su Unsplash


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