Ricordi appiccicati nei fotogrammi

 


La scorsa settimana ho parlato della scoperta del cinema e dei film vecchi e, mentre lo facevo, mi sono accorta che c’erano tantissime altre immagini, tanti altri dettagli legati al cinema e ai film vecchi (e non solo) che non ero riuscita a inserire.

Ci sono tanti ricordi legati ai film, tanti momenti che, nella mia memoria, sono appiccicati ad alcuni fotogrammi. O perché il film era molto bello e mi aveva resa molto felice o molto triste (in genere, per i tipi di film che vedevo, triste); oppure perché vedevo un certo film in un momento particolare, in cui ero molto felice o molto triste (in genere, visto che era il periodo dell’adolescenza, triste).

La prima cosa a cui penso quando penso ai film, forse, è la tristezza, ma è una tristezza quasi bella, fortissima e profonda, che sembra illuminare le cose.

Chiaramente questa è la mia romantica interpretazione ad anni e anni di distanza, mentre, quando ci stavo dentro, era diverso. Anche se io sono convinta che, in fondo, apprezzassi quella tristezza da film. Altrimenti non si spiega perché io continuassi a ricercarla, ad andare a selezionare film che sapevo mi avrebbero resa triste.

O forse era solo che la maggior parte dei film consigliati dalle enciclopedie di cinema erano tristi.

Ricordo quando ho visto La Valle dell’Eden appollaiata in cima alla scaletta del mio letto rialzato. Ricordo che avevo iniziato a piangere lì sulla scaletta, mi si era infilato un groppo in gola ed era rimasto lì per giorni. Ne avevo parlato sul diario, devo aver scritto una cosa del tipo: “In questi giorni sono molto triste per …. (lista delle cose che mi rendevano triste in quel momento) e ora lo sono ancora di più perché ho visto questo film.”

Ma, nonostante la tristezza, o forse proprio a causa della tristezza, io continuavo.

Vedevo tutti i film con Paul Newman, e spesso erano tristi. Al corso di teatro avevo conosciuto le opere di Tennessee Williams e me ne ero appassionata. Quindi vedevo anche i film tratti dalle sue opere (nelle quali, a volte, c’era anche Paul Newman) ed erano tristi pure quelli. E io lo sapevo ma li vedevo lo stesso, e mi stupivo quando invece finivano bene (e infatti scoprivo che Tennessee Williams si arrabbiava sempre perché gli cambiavano le trame, le rendevano meno violente e tragiche. Io capivo la sua rabbia, ma ero anche un po’ sollevata che la storia non finisse troppo male).

Il primo giorno di quarto ginnasio, per tirarmi su, ho deciso di vedere Quarto Potere perché tutte le liste che avevo consultato lo consideravano il più bel film di tutti i tempi. Le liste non dicevano che non era il miglior film per tirarsi su il primo giorno di scuola.

A volte, per fortuna, vedevo delle commedie. Oltre a quelle già citate la scorsa settimana, La vita è meravigliosa (che, però, ha la sua bella dose di tristezza) e poi qualunque commedia con Katharine Hepburn, come Susanna! o Incantesimo.

A volte, però, anche le commedie mi rendevano triste, forse perché avrei voluto vivere in quel mondo lì e non nel mio, che mi sembrava molto noioso. Il mio mondo, al contrario di quello dei film, era un po’ annacquato e non mi piaceva.

Questa sensazione di estraneità si intensificava quando andavo al cinema.

Se per tutta l’infanzia il cinema era stato sinonimo di terrore e di attacchi di claustrofobia, al liceo era diventato un luogo in cui andavo regolarmente. Anzi, più che regolarmente, molto di frequente. Andavo al cinema in maniera ossessiva, quasi. Al terrore per la sala chiusa avevo sostituito l’ansia di non riuscire a vedere tutti i film che volevo.

Il venerdì, il giorno in cui uscivano i nuovi film, prendevo il giornale e, con il cuore che mi batteva forte, scorrevo la lista dei cinema in ordine alfabetico, per vedere dove davano quelli che le riviste di cinema consigliavano di vedere.

Ogni settimana venivo presa dall’ansia che i film che ancora non avevo visto sparissero e chiamavo, agitata, la mia amica Diletta, che veniva sempre al cinema con me e non si faceva mai prendere dall’ansia all’idea di perdere qualche film.

Diletta e io abbiamo visto insieme tantissimi film. A volte siamo state tristi insieme, come dopo aver visto Into The Wild. Per giorni e giorni, ma anche per mesi, se qualcuno nominava quel film in nostra presenza noi ci lanciavamo sguardi disperati.

Ancora più che con i film visti a casa, il cinema mi restituiva una sensazione di estraneità. Quando uscivo dalla sala la luce era cambiata e io mi sentivo strana, come se fossi ancora immersa nella storia.

Spesso camminavo veloce per andare a casa, cercando di trattenere con me un po’ di quello che avevo visto nella sala.

 A volte i film non si riuscivano a levare di dosso, mi si appiccicavano per giorni e giorni. E poi, appena era svanito il loro effetto, o anche prima, tornavo in quella sala e venivo colta da una nuova sensazione di estraneità e tutto ricominciava da capo.

 

Foto di Alessia C_Jpg su Unsplash

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