Mascherarsi

 


Un giorno di tanti anni fa, avrò avuto sui sette anni, mi sono messa a protestare con mia madre perché non volevo uscire di casa.

Capitava spesso che io protestassi e quel giorno il motivo era stato fornito dai vestiti che indossavo. “Non posso uscire così! Rideranno tutti!” ripetevo indicando i miei calzettoni a righe e il grembiule riadattato da me e mia madre. “Nessuno capirà da cosa sono mascherata e sembrerò ridicola!” Era Carnevale e mi accingevo ad andare al parco con mia madre e mia sorella ma, poco prima di uscire, ero stata colta da un improvviso imbarazzo e mi ero convinta che la mia maschera non sarebbe stata capita.

Non ricordo quanto fossero durate le mie proteste, ma quasi sicuramente erano continuate a lungo, perché le mie proteste duravano sempre a lungo.

Passato un certo numero di minuti, infatti, si alimentavano da sole. Più protestavo e più c’erano ragioni per farlo, più davo spazio al mio disagio e più lui, sentendosi ascoltato, cresceva. Funzionava come con il pianto. Ancora oggi noto con terrore che una parte consistente delle mie lamentele è costituita da lamentele che vanno avanti per inerzia.

A un certo punto, però, le mie proteste finivano. Forse solo per stanchezza, mia o di mia madre (o di entrambe), forse perché capitava qualcosa che mi faceva smettere. Anche quel giorno erano finite ed ero uscita con mia madre e mia sorella per andare al parco a lanciare i coriandoli.

Appena varcato il portone del palazzo, un bambino aveva gridato: “Guarda, mamma, una bambina mascherata da Pippi Calzelunghe!” e mi aveva indicato.

Credo che mia madre avesse evitato di sottolineare l’infondatezza delle mie proteste. Forse aveva segretamente ringraziato quel bambino sconosciuto per il suo commento. Di sicuro io non avevo più protestato dicendo che la mia maschera non sarebbe stata capita.

Ho continuato a mascherarmi per anni da Pippi Calzelunghe. A casa dei miei genitori ci sono costumi di ben tre misure, sono tre vecchi grembiuli di scuola ai quali mia madre e io abbiamo tagliato le maniche e sui quali abbiamo cucito toppe di stoffe diverse. Sostituivamo i bottoncini bianchi con dei bottoni grossi e colorati, e prima di uscire di casa attaccavamo una scimmietta di peluche sulla mia spalla. Al resto ci pensavano i capelli rossi raccolti in due treccine e la mia faccia con le lentiggini.

I costumi sono poi stati utilizzati anche da mia sorella, il cui destino di sorella minore la condannava a ricevere sempre cose di seconda mano. I suoi capelli, però, erano talmente lisci che spesso sgusciavano via dagli elastici, impedendo di fare le treccine.

Mia madre, mia sorella e io guardavamo con disprezzo chiunque comprasse un costume di Carnevale confezionato. Guardavamo con un disprezzo ancora maggiore le bambine che compravano le maschere già pronte di Pippi Calzelunghe, con parrucca rossa compresa.

Esercitavamo le nostre pochissime doti di cucito in queste maschere e ne eravamo fiere.

Negli anni ho collezionato altri costumi, anche se pochi, perché continuavo a preferire sempre Pippi. L’anno prima di Pippi Calzelunghe mi sono mascherata da olandesina, con tanto di zoccoli di legno veri portati dall’Olanda dalla babysitter olandese di una mia amichetta. A mia sorella era toccata una tutina da coniglio rosa, perché forse era stata decretata ancora piccola per maschere più complesse.

Il sogno di mia madre (del quale parlo qui) di mascherarsi da principessa, però, non si è realizzato neanche tramite me e mia sorella, che non abbiamo mai apprezzato l’idea. Mia sorella, però, le ha regalato un po’ di soddisfazione mascherandosi da fata, con una bellissima gonna fatti di varie stoffe azzurre.

Anche per Halloween sprigionavamo molta inventiva. Ricordo un costume da strega per mia sorella e uno da vampiro per me, anche se il costume più riuscito e più originale è stato quello da zucca, che credo fosse stato proposto da mia madre: maglietta arancione, calze arancioni e un gonnellino verde di cartapesta per fare le foglie.

Qualche anno dopo la zucca, al liceo, quando ormai non mi capitava quasi più di mascherarmi, per una festa di Halloween ho recuperato un po’ dell’inventiva e insieme a una mia amica ho costruito un costume da zombie con tanto di spada che mi trapassava da una parte all’altra del corpo. Ha avuto così tanto successo che ho continuato a usarla con gioia per tante altre feste.

Ora non mi maschero più e se mi capita, per qualche strano motivo, di essere invitata a una festa in maschera, vengo presa dal terrore e da un odio profondo, perché non mi va di trovare un costume. La verità è che continuerei a mascherarmi sempre da Pippi Calzelunghe.

 

Foto di Rosalind Chang su Unsplash

 

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