Leggere a pezzi - febbraio
Mi sono accorta quasi
per caso che è la fine del mese, quando in genere parlo dei libri che ho letto
nel mese appena passato.
Mi ha un po’ stupito
che fosse la fine del mese perché da un po’ di settimane mi confondo di
continuo con le date. L’altro giorno ero convinta di essere già a marzo, e
quando sentivo di cose che sarebbero accadute il 21 o il 22, senza che il mese
fosse specificato, mi chiedevo perché se ne parlasse tanto, visto che fine
marzo era ancora lontana. E non potevano riferirsi a febbraio, perché era già
passato. Era come se mi trovassi in una specie di tempo non ben definito. Poi,
però, ho realizzato che il mio compleanno è a inizio marzo e non l’ho ancora
festeggiato.
Non so il motivo di
questa confusione, forse è dovuta allo studio per un esame. A volte, quando
studio, per un po’ mi isolo da tutto il resto. Poi, in genere, mi arrabbio perché
mi rendo conto di non riuscire a fare la stessa cosa con la scrittura, di non
riuscire a eliminare tutte le cose intorno a me e concentrarmi solo su quello
che voglio scrivere. E allora, a volte, mentre studio, mi arrabbio per questa disparità
di trattamento. Poi, però, mi rimetto a studiare, perché ho perso già troppo
tempo.
Questo mese,
appunto, ho studiato molto e letto poco. Mi sono detta che, in fondo, stavo
leggendo i libri dell’esame, ma non sono riuscita a convincermi che fosse proprio
la stessa cosa. Per quanto fossero interessanti, dovevo pur sempre
sottolinearli e cercare di ricordarli.
Alcuni, devo dire,
erano anche carini, soprattutto uno che parlava di Bembo, Ariosto e Machiavelli
e che, forse, avrei quasi potuto leggere per piacere. Di sicuro, però, se lo
avessi letto per piacere avrei evitato di leggere infinite volte le liste di
caratteristiche fonetiche e morfologiche delle loro opere cercando di impararle
a memoria.
Un po’, però, mi
sono appassionata, perché il giorno dell’esame ho portato con me, da leggere
una volta in metro, tornando a casa, L’Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino.
Sono soltanto all’inizio
ma mi sono accorta con orrore che devo rileggere ogni verso dalle tre alle
quattro volte. Le caratteristiche fonetiche, però, le scovo tutte al primo colpo.
Forse è per questo che devo rileggere il resto tante volte, per riuscire a
cogliere anche le altre parole e il loro significato.
Prima di finire l’esame
avevo anche iniziato altri due libri, Tutti i nostri ieri di Natalia
Ginzburg e Far From The Madding Crowd (Via dalla pazza folla) di Thomas
Hardy, e ne avevo finito uno, The Candy House (La casa di Marzapane) di Jennifer
Egan.
The Candy House mi ha accompagnato per parecchi giorni, sempre
per colpa dello studio che mi faceva leggere poco, ma ci sono stati momenti in
cui ho divorato le pagine molto velocemente. È un libro strano da definire, ha
degli elementi fantascientifici ma non lo definirei assolutamente così, è composto
da tante storie diverse che si intrecciano e si collegano, come accadeva anche
in un altro libro della stessa autrice, A Visit From The Goon Squad (Il tempo
è un bastardo), che ho letto anni fa al mare, sotto all’ombrellone. Le
storie sono raccontate in modo diverso e una in particolare, che si snoda
attraverso rapidissimi scambi di mail, mi ha tenuto sveglia fino a tardi una
sera.
Ho scoperto il libro
di Natalia Ginzburg perché la newsletter di libri del Guardian, che mi arriva
ogni settimana, ne parlava, e ogni rara volta in cui gli inglesi pubblicano una
recensione su un libro italiano io la vado a leggere. Probabilmente avrei
finito per comprarlo lo stesso, prima o poi, ma la cosa bella di averlo
scoperto tramite una newsletter inglese è che adesso, mentre lo leggo, di tanto
in tanto penso agli inglesi che lo leggono tradotto e ho un moto di soddisfazione
nel pensare che anche loro, di tanto in tanto, devono leggere qualche libro
tradotto. L’ho letto quasi tutto e mi piace molto, è un flusso velocissimo di
personaggi e delle loro storie personali che si intrecciano all’inizio della Seconda
guerra mondiale. Mentre leggo le frasi veloci e particolari continuo a pensare
agli inglesi che lo leggono tradotto e sono molto contenta.
E poi l’ultimo, Far
From The Madding Crowd. Ho visto il film un po’ di anni fa, a Londra, in un
cinema accanto all’università, di pomeriggio. Ricordo diversi minuti in
biblioteca passati a combattere contro il mio senso di colpa per convincerlo
che potevo saltare un paio di ore di studio per andare a vedere un film. Non so
come fossi riuscita a vincere questa battaglia, probabilmente dicendo al mio
senso di colpa che era utile per me vedere un film, dal momento che stavo seguendo
un master di scrittura per il teatro e per il cinema.
Il film mi era
piaciuto tantissimo, ero stata contentissima di andare e mi ero messa a leggere
altri libri di Thomas Hardy, scoprendo che la maggior parte dei suoi libri, fatta
eccezione per questo, probabilmente, è terribilmente tragica. Qualche mese fa
ho trovato Far from the Madding Crowd in libreria e ho ritenuto di aver
dimenticato abbastanza cose per poterlo leggere senza annoiarmi e senza disperarmi
troppo, visto che non era terribilmente tragico. Mi aspetto, però, di essere
contraddetta e di scoprire che era terribilmente tragico, ma che per il film era
stato cambiato.
Intanto, appesa alla
scrivania, ho ancora una sacca piena dei libri ricevuti per Natale, alla quale
si andranno ad aggiungere quelli che riceverò per il compleanno. Dovrei sistemarli
ma preferisco vederli lì, tutti insieme.
E ho quasi finito lo
spazio sugli scaffali della libreria.
Questi i libri citati:
L’Orlando Furioso
di Ludovico Ariosto, di
Italo Calvino.
La casa di marzapane, di Jennifer Egan.
Il tempo è un
bastardo, di Jennifer Egan.
Via dalla pazza
folla, di Thomas Hardy.
Tutti i nostri
ieri, di Natalia Ginzburg.
Ecco le puntate precedenti:
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