Leggere a pezzi - gennaio

 


Non so se gennaio mi piace tanto o se invece mi fa schifo.

Forse la verità è che mi fa schifo e allora mi impongo di farmelo piacere tanto, per bilanciare.

I soliti motivi per i quali mi dovrebbe stare antipatico – sono appena finite le vacanze di Natale, ci si sente presi dall’anno che inizia e dall’idea di doversi impegnare, il cielo è spesso grigio- quest’anno si sono mischiati allo studio per gli esami, che mi lascia ancora meno tempo di prima, e all’ansia perenne del freddo che non arrivava (e che poi, per fortuna, è arrivato). Riguardo a quest’ultimo argomento, tra l’altro, se prima non avevo pietà per chi mi diceva: “Eh ma che caldo”, ricordandomi continuamente il problema, adesso ne ho ancora meno per chi si lamenta del freddo e dice: “Eh speriamo passi questo freddo”.

Sono vere tutte queste cose, però è anche vero che a gennaio si può leggere.

Si poteva leggere pure a dicembre e si potrà leggere anche a febbraio e a marzo e via di seguito, però quando sono in un periodo un po’ faticoso mi piace pensare che posso leggere. E quando il cielo è grigio, secondo me, si legge un po’ meglio. In realtà a gennaio ho avuto ancora meno tempo, a causa degli esami, però ho cercato di bilanciare la cosa scegliendo letture un po’ più leggere e veloci del solito, così da trovare una giusta pausa dai dialoghi tra Petrarca e Sant’Agostino e da disquisizioni sulla lingua che a me piacciono tanto, ma che quando prevedono che io impari regole a memoria mi piacciono molto meno.

Ecco cosa ho letto a gennaio.

In realtà la lista inizia con un libro che ho finito il primo gennaio dopo averlo iniziato poco più di tre giorni prima. Mi ha preso così tanto che sono arrivata al punto di cercare di bloccare l’inaspettato slancio di A. di restare alzati fino alla mezzanotte del 31 dicembre e di uscire a vedere i fuochi d’artificio pur di poterlo continuare. Il libro è Rebecca di Daphne Du Maurier, che mia madre ha regalato anni fa a mia sorella e che mia sorella ha letto da poco, dopo che mia madre le aveva ripetuto più volte: “Non capisco come tu possa avere quel libro in casa e non leggerlo”. Dopo averlo finito, mia sorella ha confermato che mia madre aveva ragione e allora, spinta dalla curiosità, l’ho iniziato anche io, pur con un po’ di fastidio perché è stato scritto in inglese e a me toccava leggerlo in italiano. Mi sono detta: “Provo le prime pagine, se mi dà troppo fastidio la lingua tradotta smetto”. Ho smesso di leggere superata pagina cinquanta, e da quel momento in poi l’ho ripreso in ogni momento libero.

È bellissimo. Combina, secondo me, due cose in modo perfetto, ovvero il mistero che si infittisce sempre di più e la piacevolezza dei dialoghi e della descrizione dell’ambiente in cui si muovono i personaggi. Unisce la linea degli eventi da seguire a un interesse più piccolo, ma non meno importante, per i dettagli mai noiosi e per i personaggi molto credibili, anche quando hanno poche battute. Per me è stato uno di quei libri che non si riesce a poggiare ma che, allo stesso tempo, dispiace finire.

A cavallo dell’anno nuovo ho anche letto un libro completamente diverso, A Ghost in The Throat, di una scrittrice irlandese. Non saprei bene descrivere il suo genere, forse è una sorta di libro autobiografico, in cui l’autrice, che è una poetessa, racconta l’incontro con le opere di un’altra poetessa, che ha il suo stesso nome e che è vissuta negli stessi luoghi quasi trecento anni prima. Il libro è una ricerca dentro la vita di questa donna lontana, di cui si sa molto poco e, allo stesso tempo, è il racconto di questa donna di oggi, che racconta cose piccole, quotidiane, che però sembrano essere cariche di luce e di colori. Una delle cose più belle di questo libro sono le sue parole. Non sono mai eccessive, ma sono sempre particolari, precise e ricercate, e a volte mi sembrava che le frasi scivolassero sulla lingua come una canzone.

Poi, impegnandomi a scegliere libri più leggeri prima degli esami, ho letto: The Cater Street Hangman (Il boia di Cater Street) e Cambiare l’acqua a fiori.

The Cater Street Hangman è un giallo, il primo di una serie. È scorrevole e carino, i personaggi sono ben riusciti, così come i dialoghi, anche se la cosa che mi è piaciuta di più è l’atmosfera di Londra vittoriana.

Ho faticato a entrare in Cambiare l’acqua ai fiori, non so perché, ma, una volta superati i primi capitoli, mi ha tenuto compagnia per alcune sere con le sue ambientazioni e i suoi personaggi un po’ buffi.

Per finire, dopo un esame, mentre tornavo in metro, ho letto Primavera ambientale, che è la lettura che ha fatto partire tutte le riflessioni della scorsa settimana. È un bel libro, piccolo e piacevole da leggere. Non nomina troppi dati, ma usa bene quelli che sceglie, senza lasciarli solo a un elenco di numeri, ma mettendoli in relazione con le cose che hanno intorno. La cosa più interessante è che si dispiega attraverso storie di attivisti, di luoghi, di persone che si trovano a combattere per il loro territorio.

Forse alla fine gennaio non è così male, o forse è solo che ho letto.

 

Qui la puntata di novembre e qui quella di dicembre.

 

Questi i libri citati:

Rebecca, di Daphne du Maurier

A Ghost in The Throat, di Doireann Nì Ghrìofa

The Cater Street Hangman, di Anne Perry

Cambiare l’acqua ai fiori, di Valerie Perrin

Primavera ambientale, di Ferdinando Cotugno

 

 

Foto di Jaredd Craig su Unsplash

 

 

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