Capodanno alla finestra
Stavo pensando di parlare di Capodanno, ma poi mi è sembrato
terribile parlare di Capodanno, terribile parlare di quello che si fa e di
quello che si potrebbe fare, terribile riflettere su quello che si è fatto l’anno
prima e su quello che si sarebbe potuto fare di meglio e, infine, terribile pensare
“non me ne importa nulla” e voler andare a dormire ma poi scoprire che quando
si sentono i botti a mezzanotte sale un po’ di tristezza.
L’unico modo sensato per parlare di Capodanno è stilare una
classifica di quelli più brutti, ma questo l’ho già fatto tre anni fa, e
ormai non lo posso fare più.
Potrei, in alternativa, collezionare altri brutti Capodanni
per poterli raccontare, ma ne servono un po’ più di tre per fare una nuova
classifica.
Allora ho deciso di parlare delle finestre.
L’idea, in realtà, non è stata mia, ma di mia madre, che
credo voglia fornirmi argomenti che non coinvolgano lei. Me l’ha suggerito dopo
che le avevo inviato la foto del tavolino da cui scrivo in montagna, che ora è posizionato
davanti a una finestra. È lo stesso tavolo che avevo prima, ma ora è del tutto
diverso, perché è un tavolo davanti a una finestra. Appena alzo gli occhi vedo le
seguenti cose: un pezzo di cielo, la cresta di una montagna con degli alberi
scuri, altri alberi rossicci e arancioni più in basso e una casa che credo sia
una stalla.
Ieri ero seduta a un altro tavolo, al piano di sotto, e da
quella finestra, poco prima che il sole tramontasse, ho visto una nuvola rosa che
illuminava dello stesso colore una montagna.
Le finestre mi affascinano molto, per la luce e perché mi fanno
sentire in contatto con il mondo di fuori. Appena fa buio, a Roma, A. vuole sempre
chiuderle, ma io cerco di lasciarle aperte il più possibile, per non sentirmi
chiusa dentro. Forse è perché soffro di claustrofobia e tutti i luoghi senza
finestre, come gli ascensori, i cinema e Ikea mi angosciano. Mi faccio forza
solo per i cinema, perché sarebbe una perdita troppo grande non andarci più.
Mi piace anche guardare nelle finestre degli altri e la stanza
a casa dei miei genitori è sempre stata la postazione migliore per questa attività.
Appena fa buio molte finestre di fronte si illuminano e, a quanto pare, hanno tutte
proprietari che non sono amanti delle tende. Spesso la notte, quando mi
svegliavo, nel buio spuntava l’enorme schermo di un salotto di fronte, in cui
la televisione era sempre accesa. A volte restavo a guardarle per qualche
minuto e mi dava una strana sensazione di tranquillità vederla poco più avanti,
accesa a degli orari così strani.
E poi, così di soppiatto, mentre riflettevo sulle finestre è
spuntato di nuovo il Capodanno. Più che lui, è spuntata quell’orribile cosa di
fare dei bilanci dell’anno, di ripensare a cosa è successo di bello e di brutto
e a quali ricordi si vogliono conservare. Magari c’è chi guarda le proprie
foto, ma io detesto farle e le faccio male, quindi non sarebbe un’attività
particolarmente gratificante.
Ho pensato, quindi, di neutralizzare i bilanci dell’anno
convertendoli in bilanci delle finestre, che, tutto sommato, mi paiono più
gestibili.
Cosa ho visto quest’anno fuori dalle finestre?
Da quella di casa mia ho osservato Carla, la signora del
piano di sotto, curare il suo giardino. Ogni mattina guarda le piante e le
innaffia. Su un filo sono stesi i suoi panni, sempre pochi alla volta, e mi
sono chiesta se usi o no la lavatrice. Il giardino apparteneva alla figlia, che
è morta. Le piante di Carla sono bellissime e sopravvivono alla pioggia e alle
intemperie, “perché sanno che io gli voglio bene”, mi ha detto una volta. L’estate
vedo molto il giardino di Carla, perché sto sempre in balcone. E quindi, a
rigor di logica, non è proprio una vista dalla finestra, ma non importa.
Dalla finestra della cucina ho sbirciato il balconcino di
fronte, sopra al giardino di Carla, dove, a un certo punto, il vicino è
scomparso ed è rimasta solo la vicina con un altro tipo, più giovane, che secondo
me era suo figlio, mentre secondo A. un nuovo fidanzato o un amante. Poi però
il primo vicino è tornato, a quanto pare dall’America. Ancora non abbiamo visto
i due vicini più l’ipotetico figlio riuniti insieme e perciò per il momento tutte
le ipotesi sono ancora possibili.
Ho visto i campi marroni e gialli dalla finestra dell’agriturismo
in Toscana, che aveva anche uno scrittoio sotto, azzurro e bellissimo.
A Tuscania ho visto il balcone fiorito da cui si affacciava
una signora che faceva lunghe telefonate al figlio e poi si voltava verso l’interno
della casa per comunicare cosa c’era da mangiare.
E poi il giardino dei miei amici inglesi a Londra, la loro
finestrella di legno bianco che si affaccia su un cielo grigio blu e su cespugli
disordinati. Credo che questa sia la mia preferita.
Così, se mi verrà di pensare all’anno trascorso, penserò
alle finestre da cui l’ho guardato.
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