Il panico del capodanno




Io lo so e lo sappiamo tutti che la domanda più tremenda che mai e poi mai si possa fare è: “Cosa fai a capodanno?”. Lo sanno tutti che è una cosa che non si chiede. Mai.

Devo dire che crescendo mi è un po’ passata la smania di chiederlo, quella di rispondere e anche quella di pensare al capodanno mesi in anticipo. 

Anche perchè, come tutti i giorni pieni di troppa aspettativa, i capodanni sono dei giorni che poi inevitabilmente diventano brutti. Come le domeniche, ma elevate al quadrato.  

Per un po’ di tempo ho fatto una lista di tutti i capodanni, partendo dai più brutti e arrivando a quelli neutri. Da anni si contendono la cima il capodanno del 2005 e quello del 2016. Sono ancora i campioni indiscussi e imbattuti, ma nessuno riesce a prevalere sull’altro.

Il primo, nel 2005, è stato quando, in montagna con i miei genitori e mia sorella, durante una normale cena di capodanno nel salottino del residence in cui andavamo ogni anno, è andata via l’elettricità. Mio padre, con l’ottimismo che lo contraddistingue, ha iniziato a prevedere la nostra morte per assideramento mentre io, mia madre e mia sorella tentavamo di distrarci sedute al buio, giocando a degli indovinelli. Per evitare che ci dimenticassimo la sorte che ci attendeva, mio padre ce la ricordava a intervalli regolari, andando intanto avanti e indietro per l’appartamento al telefono con mia zia, che era a Roma, e che era incaricata di chiamare l’Acea. (Per quale motivo mia zia dovesse da Roma chiamare l’Acea per un problema che riguardava noi che eravamo in Alto Adige mi è tutt’ora oscuro). 

Quando la luce è ritornata, abbiamo ripreso a mangiare, ma per non farci mancare nulla abbiamo iniziato subito a lititgare su quale gioco dovessimo fare. 

Per motivi che mi sembrano abbastanza evidenti, il capodanno del 2005 è stato per anni il campione indiscusso dei capodanni. 

Fino a quando non è arrivato il capodanno del 2016. Ero in un paesino sperduto dell’Abruzzo, a casa dei genitori del mio ex ragazzo, il quale aveva chiaramente deciso di andare a fare il dj in un’orrenda festa di ragazzini in un posto ancora più sperduto nei dintorni, lasciando a me grandissime prospettive per la serata. Io, che ero nel mezzo di alcune consegne che avevo da fare per il master, avevo in un primo tempo pensato di stare a casa a scrivere. 

Poi avevo cambiato idea. 

Decisione fatale. 

Lo avevo raggiunto, insieme ad un suo amico, all’orrenda festa nel nulla. Dopo meno di dieci minuti, nel panico perchè sarei tornata a casa tardissimo e la mattina mi sarei alzata tardissimo e non avrei mai scritto e consegnato le cose in tempo, avevo iniziato a caldeggiare per un rapido ritorno a casa. Invece ero finita a dormire in macchina, dove si moriva di freddo. Mi ero lamentata per il freddo per sms con il mio ex ragazzo, fino a che non ero crollata. 

Eravamo andati a dormire alle sette del mattino. Alle dieci, in preda al panico, avevo afferrato il pc e mi ero messa a scrivere freneticamente. 

Ma sembravo incapace di scrivere alcunchè. Quindi avevo iniziato a pigiare nervosamente sui tasti, cosa che chiaramente avrebbe dovuto migliorare la qualità della mia scrittura. L’unico risultato ottenuto, invece, era stato che il mio ex ragazzo si era inferocito, perchè si era svegliato e, in quanto inferocito, aveva fatto quello che mai e poi mai avrebbe fatto nella sua vita: dare un pugno al suo mac, placidamente posato sul comodino. 

Quindi per concludere, il primo gennaio era finito, o forse iniziato, con me che venivo caricata su un pulmino per tornare a casa e togliermi dai piedi. 

In effetti, forse il 2016 merita il trofeo. Almeno il 2005 aveva anche dei momenti ironici. 

Sto ancora cercando di escogitare dei rimedi al problema del capodanno, ma forse quest’anno potrei essere giunta ad una soluzione. La soluzione per non litigare a capodanno non è soltanto il solito “non pianificare nulla, non aspettarsi nulla”: per il capodanno non funziona. 

Il mio piano è un altro: consiste nel litigare i giorni prima di capodanno. Non tutti i giorni e non troppo a ridosso: un bel litigio quattro - cinque giorni prima può andare bene. Oppure porta a lasciarsi. Il che non è sempre un male. Ed è sempre meglio che lasciarsi a capodanno. 

Con A. quest’anno ho fatto così. Non che io l’abbia pianificato, ma, trovandomici, ho cercato di studiare gli effetti della cosa. Quello che accade, litigando qualche giorno prima di capodanno, è che poi, nei giorni dopo, si cerca fondamentalmente di recuperare. E quindi di stare tranquilli, di accontentarsi delle cose che ci sono, perchè si è solo contenti di essere usciti dalla fase del litigio e dell’ “addio me ne vado non ti voglio vedere mai più”. Quindi, non ci si aspetta niente per davvero. O meglio, si ha già tutto quello che si vuole: aver smesso di litigare.

Certo mi rendo conto che, avendo condiviso questa soluzione proprio a ridosso di capodanno, quest’anno non rivoluzionerà la vita a nessuno. Però magari si può già mettere sul’agenda del 2020: 26/27 dicembre: ltigio pre-capodanno. 


Aspetto domani per testare i risultati della mia teoria. 

Commenti

Post più popolari