La memoria
Quando ero piccola la maestra a volte ci faceva imparare delle
poesie a memoria.
Se erano molto lunghe, in genere ne sceglieva una parte e il
resto potevamo lasciarlo. Ma io le imparavo sempre tutte. Poi le recitavo davanti
alla classe e la maestra mi scriveva sul quaderno “Bravissima per aver imparato
tutta la poesia”. Per fortuna nella mia classe eravamo tutti amici e io non ero
una bambina secchiona, e così questo mio comportamento non veniva visto male
dagli altri (o, almeno, così mi è sempre sembrato).
Ma io non la imparavo per i complimenti della maestra (o,
meglio, non solo per quelli, perché non li disdegnavo affatto). Io la imparavo perché
mi è sempre piaciuto imparare i testi a memoria. Sono stata anche aiutata dall’avere
facilità a ricordare. O, forse, ho facilità a ricordare perché imparo le cose a
memoria.
Ho già raccontato di quando, durante una passeggiata, ho
iniziato a ripetere quasi tutto L’Aquilone di Pascoli. Esempi simili
si sono ripetuti con Il 5 maggio, Sant’Ambrogio (quella che mi dà
più soddisfazione), La pioggia nel pineto e alcuni pezzi della Commedia
di Dante.
Quando recitavo, la memoria era una qualità molto utile,
ovviamente. Imparavo subito le mie battute e poi imparavo quelle degli altri. L’insegnante
della scuola che frequentavo quando andavo al liceo, con il suo fare perentorio
e un po’ provocatorio, un giorno aveva dichiarato: “Dovete imparare anche le
battute dell’altro, perché sennò non saprete mai quando dovete attaccare voi e
non reciterete mai bene. Dovreste saperle meglio delle vostre.”
E io l’avevo preso in parola. In quel periodo passavo i miei
pomeriggi chiusa in camera a recitare ed ero stata contentissima di avere altro
materiale da imparare. Inoltre, mi ero accorta che, a furia di recitare da
sola, facendo finta che il mio armadio fosse l’altro attore, non potevo fare a
meno di ripetermi le battute dell’armadio nella mente e, alla fine, le imparavo
a memoria.
In uno dei saggi fui messa in coppia, in ben due scene, con Daniele,
uno che non imparava mai a memoria. Lui recitava a braccio fino alla fine,
cercava in ogni modo di sfuggire alla memoria, se non quando era proprio
obbligato. Il risultato era che io recitavo le mie battute e poi suggerivo a lui
le sue sussurrando. L’effetto era abbastanza comico in una delle sue scene, presa
da L’Allodola di Anouilh. Io ero Giovanna d’Arco, seduta su una
panchetto e lui, in piedi, l’inquisitore. E io, mentre cercavo di diventare l’emblema
di una santa e di sentirmi piena di un sentimento quasi mistico, ultraterreno, ero
continuamente richiamata giù sulla terra dai momenti di silenzio di Daniele, al quale
suggerivo le battute con cui doveva incriminarmi e trattarmi male.
Il nostro maestro non apprezzava, a ragione, il lato comico
della faccenda, e dopo diverse battute suggerite da me ci spediva a posto,
urlando contro Daniele che, se avesse imparato la scena, ce l’avrebbe tolta. E neanche
io vedevo il lato comico, perché mi ero impegnata tanto a casa e mi faceva rabbia
non fare niente. E perché, in generale, non sono mai stata molto brava a vedere
il lato comico delle cose, soprattutto da più piccola.
Però la mia memoria mi piaceva, e mi piace ancora adesso. Ma
ho notato che sembra concentrarsi solo su alcune cose, tralasciandone altre.
Ricordo molto bene i giorni in cui sono accadute determinate
cose. Ma non eventi importanti o rilevanti per la storia, no, cose assolutamente
normali. Ricordo che giorno del mese era quando sono andata al cinema a vedere
quel film, avevo quella maglietta a fiori e i jeans scuri, la borsa di pelle, il
giorno prima aveva piovuto e avevo preso la pioggia. Che giorno
era quando due anni fa A. e io siamo andati a fare una lunga passeggiata che
abbiamo ripetuto quest’anno, che libro stavo leggendo in quel momento e che cibo
mi sono portata per la passeggiata.
E potrei continuare con una lista di cose dette da persone
in determinati momenti, apparentemente normali e dimenticabili, che a me sono
rimaste impresse. Anche se sono inutili, mi piacciono molto, perché mi fanno
sentire circondata da una fitta rete di dettagli che posso ricostruire e
ricreare.
Quello che non mi piace, però, è che spesso non ricordo molte delle cose che ho studiato. Anche se può sembrare paradossale, questo è,
secondo me, un risultato della mia buona memoria.
Visto che una certa cosa entra facilmente nella mia testa,
senza un grande sforzo, non mi occupo di studiarla di più, di approfondirla. Quella
cosa sta lì, pronta per essere usata. E poi, appena non serve, non la
ricordo più.
Per fortuna questo non accade con tutto. Se qualcosa è
difficile, o se mi piace, tendo a ricordarlo anche dopo un po’ di tempo.
I testi da imparare a memoria restano i miei preferiti. In questi
giorni, per un esame, sto leggendo molti canti della Commedia. A volte mi trovo
a ripetere nella testa alcuni versi, entrati nella mia mente in maniera inaspettata.
Stanotte non riuscivo a dormire e allora nella mia testa mi
sono messa a ripetere il canto di Ulisse.
Non mi ha aiutato a dormire.
Photo by Fredy Jacob on Unsplash
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