Il panico e i rumori (e il sonno)

 


Mi stupisco sempre quando trovo delle situazioni che potrebbero facilmente farmi venire il panico e che, invece, mi lasciano indifferente.

L’ansia di non riuscire a dormire è una di queste. L’ansia che prende mentre si è nel letto, si è stanchi e si pensa che si dovrebbe dormire. Più passa il tempo e più si diventa nervosi. E più passa il tempo e più si pensa che si dovrebbe dormire, e che si dormirà meno. E che quindi si dovrebbe dormire.

Quando faccio questa sequenza di pensieri nella testa mi rendo conto che sono pensieri che possono molto facilmente generare ansia. Solo che a me non la fanno venire. Non capisco come, ma ne sono immune. Ne sono immune perché io mi addormento sempre.

Questo non vuol dire che io non abbia alcuna ansia legata al dormire, ovviamente. Ne ho già parlato molto a lungo qui. 

Per riassumere la mia ansia del dormire in due parole: mi fa paura l’idea di passare tutte quelle ore senza essere cosciente, perché mi sembra di essere morta.

Questa paura, però, non mi ha mai impedito di addormentarmi. O di riaddormentarmi dopo essermi svegliata.

Su quest’ultimo punto in particolare sono molto allenata perché, per combattere l’ansia del dormire, ho sviluppato un sistema di sveglie notturne, che, purtroppo, A. ha bandito.

L’unico periodo in cui ho sofferto di una leggera insonnia è stato durante il lockdown, quando le mia gambe scalciavano nel letto e dovevo per forza alzarmi per fare stretching spiaccicata sul pavimento.

E la scorsa settimana, a causa dei vicini e dei loro rumori.

Fino a due giorni fa pensavamo che si trattasse di un unico vicino, quello di sopra, entità temibile e senza forma, perché non sapevamo chi fosse. Non eravamo mai riusciti a incontrarlo perché, abitando di sopra, era chiaramente impossibile vederlo entrare dentro casa. Ma lo odiavamo per i suoi passi pesanti all’una di notte e per i suoi mobili spostati alle tre.

Avevamo addirittura costruito delle storie su di lui, in cui fantasticavamo sulla sua vita notturna.

Fino a quando, l’altro ieri sera, il temibile vicino ha suonato alla nostra porta di casa tenendo in mano il biglietto che gli avevamo lasciato nella cassetta delle lettere per pregarlo di fare più piano. E il temibile vicino, con il nostro biglietto in mano, ci ha detto: “Anche io sento i rumori come voi.” Ha quindi aggiunto: “Io ho la moquette in tutta casa, non posso essere io. Volete venire a vedere?”

Ci siamo quindi ritrovati senza un nemico a cui indirizzare il nostro odio e, soprattutto, senza un nemico al quale chiedere di smettere, magari ottenendo anche un’inaspettata vittoria.

Prima che lui venisse a suonarci con il biglietto, A. e io avevamo pensato di salire fino al piano di sopra per parlarci, vincendo la paura di entrambi di suonare il campanello e doversi mettere a discutere. Io, in realtà, l’avevo già vinta quella mattina, e mi ero spinta fino a su. Avevo cavalcato l’onda della rabbia per la situazione mattutina, in cui mi ritrovavo a fare colazione al buio e senza accendere il rumoroso bollitore del tè perché A. provava a dormire (senza alcun successo) dopo aver passato la notte insonne. Ero salita su e avevo suonato alla porta. Da dentro arrivavano rumori, ma nessuno mi aveva aperto.

Avevamo quindi deciso di tornare insieme, decretando che io da sola vestita da yoga non fossi una figura abbastanza temibile per il temibile vicino.

Prima di scoprire che il temibile vicino non era il nostro vero nemico, avevo addirittura proposto ad A, per scherzo ma neanche troppo, di far venire mio padre a citofonare e a protestare al posto nostro.

Nel corso degli anni mio padre ha citofonato a diversi vicini, sempre con lo stesso scopo: chiedere che facessero meno rumore. In molti casi si trattava di vecchiette del palazzo che ascoltavano la televisione a un volume troppo alto. Per come la vede mia madre: “Dopo un po’ che lui ci ha parlato, sono morte”.

Un giorno mio padre è riuscito addirittura a identificare quale fosse l’appartamento di un palazzo della strada accanto, da cui arrivava, di notte, una partita di tennis a volume troppo alto. Mio padre ha scovato l’appartamento e ha suonato alla porta. All’espressione incredula del tipo che ha aperto, che non pensava proprio che i rumori potessero essere percepiti a tale distanza, mio padre ha ribattuto: “Lei vede partite di tennis la notte?” Il vicino ha assicurato che avrebbe fatto meno rumore.

Ma noi non abbiamo trovato un nemico altrettanto facile da identificare.

A. si è quindi attrezzato con una scorta di tappi, una scatola di valeriana e una confezione di melatonina che assomiglia a un pacco enorme di mentine.

Anche perché, in realtà, il problema è principalmente di A., che ha il sonno più leggero e che se si sveglia non si riaddormenta. Io l’ho sperimentato solo un paio di notti, influenzata dalla sua esperienza. Mi sono calata nella parte talmente bene da sperimentare l’ansia di non riaddormentarmi per qualche terribile minuto, ansia che lui ha sperimentato per notti intere.

Io, invece, sono abbastanza immune ai fastidi notturni. Io non mi sveglio con i temporali, neanche con i più forti. Non mi sveglio se qualcuno fa rumore in un’altra stanza. Non mi sveglio, a volte, neanche se si accende la luce.

O mi sveglio e non me lo ricordo, perché mi riaddormento subito. O mi sveglio e parlo, me lo ricordo, ma poi mi riaddormento lo stesso. Mi sveglio con una ferita al piede che mi brucia, A. mi aiuta a disinfettarla, lui non si addormenta più. Io dico: “Il bruciore non mi farà addormentare” e appena finita la frase sto già dormendo.

E, soprattutto, tollero tutti i rumori. Probabilmente ho sviluppato un comportamento contrario a quello di mio padre.

Quando i miei genitori si sono trasferiti nella casa in cui vivono ancora adesso, mi hanno raccontato che mio padre non riusciva a concentrarsi: il rumore del frigorifero in cucina gli dava fastidio.

Quando siamo andati in vacanza ad Amsterdam con mio padre, mia madre e mia sorella, una notte ho dovuto scambiare il mio letto con quello di mio padre, perché dalla stanza dei miei genitori si sentiva un rumore fastidioso. Ho chiesto a mia madre quale fosse, lei mi ha risposto: “Se ti concentri molto attentamente puoi sentire una vibrazione in sottofondo.”

Quindi a me i rumori vanno tutti bene.

Fino a che il temibile vicino, che purtroppo sarebbe più giusto chiamare il temibile insieme di tutti i condomini, non mi hanno tenuto sveglia una notte. E anche io ho iniziato a dire: “Voglio addormentarmi.”

Grazie al temibile vicino che non esiste sono riuscita per una notte a non avere la paura del dormire, ma a considerarla una cosa auspicabile.  


Photo by Pawel Czerwinski on Unsplash

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