Lettere a Babbo Natale
L’altro giorno una bambina a cui faccio lezione mi ha
mostrato la sua letterina per Babbo Natale. A me questa cosa ha molto stupito perché
è una bambina di dieci anni, che possiede un cellulare e che vede serie tv
cruente che poi mi racconta con dovizia di particolari. E niente, mi è sembrato
strano che credesse a Babbo Natale, anche se l’ho trovato carino.
Credo che la lettera fosse sincera, perché alla fine aveva scritto
“Ti voglio bene” e aveva aggiunto la richiesta di venire informata sullo stato
della spedizione dei suoi regali, una sorta di tracciamento dei pacchi applicato
alla slitta di Babbo Natale. E l’anno scorso di sicuro ci credeva ancora, perché
mi aveva raccontato di aver consegnato la letterina a un amico del padre che,
lavorando alle poste, aveva un canale preferenziale per spedire le lettere a Babbo
Natale.
Quando i bambini mi mostrano le loro lettere, io le leggo sempre con molto interesse, evitando in ogni modo di far vedere il mio stupore
o di esprimere senza volere qualche perplessità sull’esistenza di Babbo Natale.
A volte, anzi, ho proposto di scrivere la letterina in inglese, idea che ha fatto
sorgere un po’ di perplessità in alcuni bambini, che si sono chiesti quale lingua
parlasse Babbo Natale. Poi, però, abbiamo convenuto insieme che parla tutte le
lingue, e che scrivere in inglese è soltanto un esercizio, non un modo
necessario per farsi capire.
È poi molto divertente cogliere dalle parole dei bambini il modo
in cui i loro genitori si approcciano a Babbo Natale.
L’anno scorso, per esempio, una bambina mi ha riferito di
aver dovuto cambiare la letterina che aveva scritto dopo averla fatta leggere
alla madre. Essendo molto generosa, aveva chiesto a Babbo Natale di portare dei
regali anche ad altre persone. Ricordo la richiesta di un paio di calzini molto
costosi per il padre e quella di un anello a testa per tutte le sue maestre. Ma
la madre le aveva detto che poteva chiedere regali solo per sé, reprimendo la sua
generosità ma salvando sé stessa da un’impresa impossibile.
La trovata più furba è stata quella di un’altra madre, che
ha consigliato al figlio di non chiedere nulla di preciso, ma, come mi ha riferito
lui: “di fidarsi di Babbo Natale, perché lui mi conosce e mi porterà di sicuro
qualcosa che mi piace”. Mentre il bambino mi raccontava tutto con candore e ingenuità
ho pensato alla genialità dei genitori, che erano riusciti a facilitare molto
la loro ricerca dei regali.
Mi diverte molto tutta questa faccenda delle lettere a Babbo
Natale perché a me piacciono molto le lettere ed è un enorme dispiacere per me
non vivere in un mondo in cui abbia ancora un senso scriverle, e ritrovarmi a combattere con la tecnologia invece di comprare carta da lettere con i
fiorellini.
Riguardo a quelle a Babbo Natale, non ho un ricordo troppo
preciso di quelle che scrivevo io. Mi divertivo molto a farle e a imbucarle poi
dal cartolaio sotto casa, che adibiva una cassetta di cartone fuori dal negozio
(che poi, immagino, svuotasse su richiesta dei genitori). La lettera che
ricordo con più chiarezza è stata scritta da mia sorella quando io non credevo
più a Babbo Natale. Mia sorella, da sempre molto precisa, per non rischiare che
Babbo Natale non capisse bene i suoi desideri aveva ritagliato da un catalogo
le immagini dei regali che voleva e le aveva appiccicate accanto alle loro
descrizioni, suscitando l’ilarità delle commesse di un negozio di giocattoli,
che avevano dichiarato di non aver mai visto una cosa del genere.
Io accompagnavo mia madre in giro a comprare i regali, cercando
di consolarmi per aver scoperto che non esisteva più Babbo Natale, ma fallendo
miseramente.
Lo avevo scoperto a causa dell’orrenda grafia di mia madre,
che avevo ritrovato sui pacchetti. Poco dopo aver avuto questo sospetto, l’avevo
sorpresa a nascondere un pacchetto nell’armadio, e a quel punto ero stata
sicura.
Però, per tutto il tempo in cui mia sorella aveva continuato
a crederci non era stato poi così male, perché la sera della Vigilia avveniva
tutto come al solito. Una delle mie cugine, di un anno più grande di me, per
qualche anno, qualche giorno prima di Natale, chiedeva se mia sorella credesse
ancora a Babbo Natale, tirando un sospiro di sollievo quando le veniva detto di
sì. In questo modo, infatti, le sembrava di crederci un po’ anche a lei, ed era
la stessa cosa anche per me.
Dopo la cena, quando sul tavolo c’erano pandoro e panettone,
si sentiva suonare il campanello, qualche volta anticipato dallo spegnersi della
luce. Quello era il segnale dell’arrivo di Babbo Natale. A quel punto si
correva alla porta e si trovavano tantissimi pacchi disseminati sul pianerottolo.
Il primo anno dopo la scoperta dell’orribile grafia di mia madre, seduta al
tavolo a casa di mio nonno, mi ero molto divertita a spiare uno dei miei zii
che, finita la cena, si era alzato e si era diretto in altre parti della casa,
e mi ero chiesta come avessi fatto a non accorgermene prima. Con le mie cugine ci
eravamo messe a parlare a voce molto alta per coprire tutto il rumore che faceva
trasportando i pacchi fuori dalla porta e non farlo sentire a mia sorella, seduta
a tavola ignara di tutto.
A un certo punto, però, credo che una sua amica le abbia
rivelato la terribile verità, facendola piangere disperata. Mentre la
consolavamo, io mi sentivo tristissima, perché nessuno avrebbe più suonato il
campanello dopo cena.
Ci sono, però, scoperte avvenute in modi ben peggiori. Una
volta, mentre parlavo ad A. delle letterine dei bambini, lui mi ha raccontato la
sua esperienza con Babbo Natale. Quando aveva sei o sette anni, tornato a casa,
la sorella più grande e un’amica gli avevano raccontato di aver appena incontrato
Babbo Natale per la strada. Lui, allora, aveva subito chiesto emozionato se ci
avessero parlato e dove fosse diretto. Ma la sorella e l’amica gli avevano risposto:
“Gli abbiamo sparato.”
“Quindi” ha concluso il suo racconto A. “per me non si
trattava di pensare che Babbo Natale non esisteva più. Per me era morto.”
Photo by Natasya Chen on Unsplash
Commenti
Posta un commento