La fine dell'estate
Un po’ di giorni fa, mentre ero al lago, ho pensato alla
fine dell’estate. Ero accucciata dentro l’acqua per non avere troppo freddo, e
forse è questo che mi ha fatto pensare alla fine dell’estate.
O forse è stata la spiaggia semi deserta, molto diversa da
quella di una settimana prima.
Oppure è stata la luce, che mi sembrava più bassa, anche se
non so se si possa davvero vedere un cambiamento come l’accorciarsi delle giornate
nel giro di pochi giorni.
Sono uscita di corsa dal lago, mi sono asciugata in fretta e
mi sono rivestita, poi sono andata a sedermi a leggere su uno spicchio di sole
che era rimasto, per scaldarmi un po’. Ma mentre ero ancora accucciata nel
lago, e anche dopo, mentre correvo fuori, e mentre ero seduta in macchina
tornando a casa, ho continuato a pensare alla fine dell’estate.
E, come mi accade spesso, ho pensato allo stesso momento nel
passato.
Non so perché, ma spesso alcuni momenti precisi, come la
fine dell’estate, mi sembrano momenti del passato che io sto solo cercando di
rivivere in modo uguale. E la fine dell’estate è uno di quelli. Mentre ero accucciata
nell’acqua mi sono sforzata di sentire di nuovo quel magone in gola che provavo
da piccola quando stava per iniziare settembre. Ma non era solo un magone in
gola. C’era anche altro, un senso di aspettativa, di curiosità per quello che sarebbe
potuto accadere durante l’anno scolastico.
Era una paura mista all’attesa, che in alcuni momenti mi faceva
piangere. Un anno, al liceo, la paura e il magone avevano vinto sul resto e,
una volta tornata a Roma, avevo passato ore e ore a piangere di fronte al mio
armadio, dichiarando che sarei partita per l’Australia, invece che ricominciare
la scuola. Non so quanti giorni sia durata questa mia disperazione, ma ricordo
con precisione il punto dell’armadio che fissavo, quindi deve essere durata un
po’.
Ma quell’anno credo che fosse stata un’eccezione, in genere
la paura e l’aspettativa si bilanciavano bene e qualche volta vinceva anche l’aspettativa,
almeno per qualche giorno o per qualche momento. Andavo alla cartoleria sotto
casa e mi immergevo nel profumo di carta, compravo delle matite o dei quaderni
che mi piacevano, mia madre mi concedeva un astuccio nuovo, dichiarando il mio troppo
rovinato. Arrivavano i libri per la scuola e mi mettevo a sfogliarli, a eccezione
di quelli di matematica e fisica (quest’ultimo, a dire la verità, un anno non l’ho
neanche comprato, perché da sola avevo paura ad aprirlo, e quindi dovevo studiare
sempre con qualcun altro).
Mi chiamava qualche amica, appena tornata dalla vacanze, e passavo
un’ora al telefono del salotto, seduta sul divano. Facevo liste di cose che avrei
voluto fare e, a volte, riuscivo anche a farle. A volte, i pensieri che avevo su
quello che avrei voluto che accadesse non erano poi così impossibili da
realizzare. O, forse, così è come li ricordo, e in quel momento li trovavo
impossibili.
Probabilmente, nel ricordo, molte cose sono cambiate, e anche
quelle che non riuscivo a gestire sono diventate belle, forse proprio per
quella loro difficoltà che, una volta passata, diventa più bella.
Forse per questo, mentre ero al lago, ho pensato alla fine
dell’estate nel passato, perché è rassicurante. Ma mi sono sforzata di farla tornare
nel presente, di sentire di nuovo tutti i pezzetti diversi di cui era fatto
quel magone, uno per uno.
Mentre uscivo dall’acqua ho iniziato a sentire qualcosa,
segno che il mio esercizio stava funzionando. Allora ho fatto una lista di cose
che vorrei fare (anche se l’ho affiancata a una di cose che devo fare, meno
divertente). Sono andata in cartoleria, mi sono messa d’accordo con alcune
amiche per vederci. I genitori dei bambini hanno iniziato a scrivermi per organizzare
le lezioni.
E poi ci ha pensato la vicina a coronare, nel suo modo, la
fine dell’estate. La mattina dopo essere tornata a Roma, mentre facevo
colazione in balcone, mi ha urlato, dal suo giardino al piano di sotto: “Era
ora! Siete stati via tantissimo! Avete fatto quasi tre mesi di vacanza!” La
vicina è convinta che A. e io siamo miliardari e facciamo sempre cose costosissime.
Prima che potessi farle cambiare idea, lei ha iniziato a dirmi che non avevo
preso sole e ha commentato: “Beh certo, sei biondina”. E questo “biondina” ha
fatto cessare la conversazione da parte mia.
Ma la cosa più determinante per il magone della fine dell’estate
è stata la luce. Quando sono andata a correre, alle sei di mattina, era ancora
tutto buio e quando, il giorno dopo, sono stata a nuotare la sera, mentre
uscivo dalla piscina erano state accese le luci sul prato.
Questa cosa, insieme al magone, mi ha fatto sentire anche un
altro pezzetto di quella sensazione di fine estate che avevo dimenticato: il
sollievo.
Non devo più trovare i segni dell’estate, sforzarmi di
vederli, sforzarmi di non pensare al suo declino. Non devo dirmi che devo
sfruttare l’estate, che è un momento bellissimo, che il sole è bellissimo, che
il mare è bellissimo e io non ci vado.
Posso limitarmi a guardare la luce che cala, sentire il
magone che aumenta e aprire un libro.
Photo by Nikola Johnny Mirkovic on Unsplash
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