L'estate e le ore di luce
La cosa che non mi va giù dell’estate è il fatto che le ore di
luce raggiungono il loro picco il giorno in cui inizia per poi declinare per
tutto il resto della stagione.
Mi pare una cosa così disonesta da parte sua, qualcosa che non si
adatta al suo modo di essere. Trovo più onesto l’autunno, con la sua promessa
di giornate che si accorciano e le sue foglie che cadono. Non a caso è la mia
stagione preferita, perché è piena di malinconia in cui mi sento a mio agio. E,
quando proprio non la riesco a gestire, questa malinconia mi dà la spinta per
trovare cose belle da fare o libri in cui nascondermi se il cielo è troppo
grigio. È un metodo che ho anche testato in un autunno trascorso a Londra,
quindi lo reputo infallibile.
L’estate, invece, mi ha sempre generato sentimenti contrastanti.
Da un lato, da piccola, c’era questa sensazione di estrema libertà che, però,
era accompagnata da estrema paura. Me la porto appresso ancora oggi, anche se non
mi genera lo stesso terrore, forse perché non mi trovo nella distesa infinita
delle vacanze scolastiche. Ma è una sensazione che si traduce, a volte, in
progetti immensi che dovrei portare a termine nel corso dell’estate, in genere libri
infiniti che vorrei leggere, uno dopo l’altro.
E poi c’è questo sole accecante che scaccia la malinconia, ma che
rischia in ogni momento di bruciarmi. E, inoltre, a volte questo sole sembra
costringermi a essere sempre contenta.
Poi ho scoperto che l’estate celava dentro di sé questo seme di
declino già dal suo inizio, come se avesse dentro di sé un mostro a forma di orologio
che, implacabile, fa partire i suoi ticchettii con il conto alla rovescia della
luce.
Non ricordo il momento in cui l’ho appreso, ma ricordo che non mi
era molto piaciuto, mi era sembrato triste, come se tingesse l’estate di una
tinta di declino. Già dalla partenza, già dal suo inizio, l’estate mi appariva
marchiata.
Ancora adesso, quando la sera mi accorgo che c’è tanta luce
all’ora di cena, una vocina nella mia testa mi ricorda: “Ma è già meno della
settimana scorsa.”
Qui in montagna, poi, è possibile scorgere altri segnali di questo
lento declino. A giugno, infatti, i fiori che incontriamo nelle passeggiate
sono pieni di colori; ad agosto, sono tutti secchi. La stessa cosa vale per le
rose davanti casa. In giardino, per fortuna, l’orto, il prato e le tante piante
diverse mascherano il declino.
Oltre al declino, l’estate porta con sé un senso di bruciato, di
campi rinsecchiti e gialli, di cielo celeste e vuoto e, in città, di asfalto
che ribolle e che, appiccicoso, si attacca alle scarpe.
L’asfalto appiccicoso mi ricorda sempre un giorno di luglio di
vari anni fa. Aspetto l’autobus con la mia amica Irene per tornare a casa, è
l’ora di pranzo e abbiamo appena finito l’orale della maturità. Fa così caldo
che l’aria trema e i sandali si attaccano all’asfalto. Stiamo ferme, perché
qualunque movimento sarebbe troppo.
La lentezza dell’estate è qualcosa alla quale mi abituo a fatica,
perché io vado sempre veloce. E non riesco ad accettare l’idea di dover
scegliere cosa fare in base al caldo. L’anno scorso mi sono ritrovata a fare
folli traversate di Roma in bici alle due. Mi ricoprivo di crema solare e
partivo, a volte anche con zaini pesanti. Arrivavo a casa e ingurgitavo litri
di limonata o di tè freddo che avevo preparato la mattina e messo in frigo,
giurando che non l’avrei fatto mai più. Poi lo facevo di nuovo. L’idea che il
caldo mi impedisca di fare qualcosa non mi va giù.
Quando penso a tutti questi lati negativi, però, l’estate mi sta all’improvviso
più simpatica.
Capisco un po’ di più la mia angoscia di quando ero piccola se la accosto
alla mancanza di aria della mia camera. Comprendo meglio il sentore di tragedia
che provavo quando mi alzavo la mattina già madida di sudore se lo accosto ai
campi secchi, con l’erba diventata di paglia. E riesco ad accettare l’ansia che
accompagna i miei pensieri di imprese da portare a compimento se la accosto al
declino dell’estate, alle sue ore che si accorciano.
L’estate mi sta più simpatica perché riesco a scorgerne le ombre.
Non è più qualcosa di perfetto che dovrebbe piacermi a ogni costo, non è più un
tempo dorato con il quale non vado d’accordo. Non è più una distesa sterminata
che non riesco a usare nel modo migliore in assoluto.
È fatta anche di ombre. E io, l’estate, cerco sempre l’ombra.
Photo by Elena Rabkina on Unsplash
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