Il panico e il Capodanno
L’anno scorso ho fatto una lista di tutti i capodanni più brutti. Quest’anno mi sono impegnata a mettere un tassello a questa importante classifica, andando a dormire affranta dopo aver discusso con A sul niente.
Con il
niente intendo, appunto, il niente. Infatti credo di aver discusso giusto per
non perdere l’allenamento con le classifiche di drammi di Capodanno.
Poi dopo un
po’ mi sono stufata del dramma di Capodanno e anche A si è stancato e avevamo
sonno e ci siamo messi a dormire. Io in realtà sono stata nel letto a pensare ai
propositi per l’anno nuovo, che è l’altra cosa che faccio in genere a Capodanno,
come dico qui.
Solo che non
so mai scegliere i propositi, un po’ perché non so scegliere in generale. Un po’
perché mi sembrano una cosa stupida. E mi sembrano sempre troppo grandi e
irrealizzabili. Oppure, se sono piccoli, mi sembrano inutili.
(Riguardo a
questo va notato che uno dei propositi piccoli dell’anno scorso era “andare di
più al cinema.” Non commenterò quanto sia stato sbagliato questo proposito.)
Ieri pomeriggio
avevo iniziato a proporre: “Non mi gratterò più le bolle in faccia.” A ha detto:
“Forse potresti trovare un proposito un po’ più….” – io per un attimo ho pensato
dicesse “un po’ più grande” e invece lui ha detto “un po’ meno irrealizzabile.”
Subito prima
avevo passato una buona mezz’ora ad elucidare A su tutti i miei problemi
esistenziali della giornata mentre lui cucinava. Problemi che avrei dovuto
magicamente risolvere in un attimo.
Mentre ero
nel letto ho pensato a tantissimi propositi. Tutti hanno a che fare con
qualcosa che faccio di profondamente sbagliato e che quindi dovrei
profondamente modificare ed eradicare.
Non lamentarmi
più – non parlare così tanto e in momenti in cui è meglio stare in silenzio –
piangere un po’ meno frequentemente– piangere per meno tempo consecutivo – non lamentarmi
– vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto (questo mi è stato proposto
da A, quindi l’ho rifiutato a prescindere) – non lamentarmi – pensare meno.
Quest’ultimo
ha fatto nascere un cortocircuito nel mio cervello, perché mi sono resa conto
che stavo pensando ossessivamente a dei propositi per il nuovo anno e che
quindi avere come proposito “pensare meno” era un po’ in contraddizione. L’ho
scartato. Mi sono messa a dormire.
Stamattina A
e io siamo andati a camminare. In realtà lui appena alzato ha detto che voleva
fare mindfulness, solo che poi ha visto il sole e ha cambiato idea. Io mi sono
trascinata fuori dal letto e mi sono congratulata con me stessa per riuscire ad
adeguarmi a dei piani così repentini.
Le montagne sono
piene di neve e a me piace camminare. Mi piace tornare a casa, avere fame e
fare colazione. Ho fatto tutte queste cose. Ho fatto il tè in una tazza nuova.
Mi sono messa a scrivere.
Allora ho pensato
a questa cosa sconvolgente e del tutto inaspettata, ovvero che le cose concrete
e piccole e, soprattutto, esterne a me, possono aiutare.
Prendiamo
come esempio una situazione tipica: studio ed entro in un dramma esistenziale.
UN dramma esistenziale sullo studio, sul suo perché, sul mio essere o no in
grado, sulla mancanza di tempo, sul tempo che vorrei dedicare alla scrittura, e
da qui alla consapevolezza che non ne dedico abbastanza, ma anche che mi fa
paura dedicarne di più e lasciar perdere il resto. E allora qui inizia una
riflessione sul mio non rischiare, sul mio non avere coraggio, su cosa sia o no
importante per me, su quello che so fare e quello che non so fare. E allora si ritorna
allo studio, al mio non capire, al mio non capire perché non capisco o perché non
voglio capire?
Ecco, pensavo
che magari, invece di tutto potrei fermarmi e fare una tisana.
Il mio
proposito del nuovo anno è fare una tisana quando iniziano i drammi esistenziali.
La tisana è
chiaramente un elemento simbolico per significare altre cose. Per esempio il
tè. Poi tutte altre cose come leggere un libro o vedere un film se il mio
cervello è stanco e si perde in drammi inutili, o chiamare qualcuno.
Ma
concentrarsi sulla tisana o sul tè lo vedo un proposito migliore.
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