Il panico e la ripetitività del Natale
Ho riletto il pandipanico di Natale dell’anno scorso perché non me lo ricordavo. E perché ho pensato: “Magari poi scrivo le stesse cose senza volerlo.”
Ho visto subito che non c'era questo rischio.
Il pandipanico del Natale passato era tutto incentrato sulla
ripetitività. Sul fare ogni anno le stesse cose. Non credo ci fossero gli stessi rischi per questo Natale.
In realtà, però, mi sto rendendo conto che non è proprio
così. La ripetitività a Natale vince sempre. È difficile mandarla via.
Mio padre ha provato a proporre a mia madre di non fare il
solito salmone che va marinato per giorni e giorni, visto che quest’anno eravamo
pochi, ma si è dovuto scontrare con l’opposizione ferrea di mia madre e di mia
sorella. Mia madre lo ha cucinato e il pomeriggio del 24 ha anche incontrato
mia zia a metà strada tra le due case e gliene ha dato un po’.
Abbiamo invaso il salotto di regali come sempre mentre A e
il ragazzo di mia sorella guardavano stupiti le pile di pacchetti incartati in
carta di giornale. Io e mia sorella li abbiamo guardati con comprensione e abbiamo
detto: “Ma questo è nulla, quando siamo tanti sono molti di più.”
Abbiamo scartato i regali con i miei zii e le mie cugine collegati
su Skype, anche se due zii e una cugina erano alla pasta mentre noi e gli altri
due zii con altra cugina eravamo ai dolci. Abbiamo urlato tantissimo perché nessuno
sentiva nulla via Skype e tutti cercavano di ringraziare per i regali e di farli
vedere ma da lontano con la telecamera si vede male. Mia sorella è riuscita
come al solito ad aspettare tantissimo e a scartare lenta lenta e ad avere i
regali ancora da scartare quando tutti li avevano finiti.
Dato che non ci sono stati argomenti di conversazione all’altezza
dell’anno scorso (ricordi di famiglia e matrimonio imminente della figlia della
parrucchiera, con commenti sulle cifre che la parrucchiera si accingeva a
spendere) io, le mie cugine e mia sorella abbiamo organizzato una caccia al
tesoro a sorpresa e a distanza con gli stessi argomenti (chiaramente sui ricordi
e non sul matrimonio della figlia della parrucchiera).
Abbiamo passato una settimana a comporre i vari biglietti in
rima e a trovare i luoghi in cui disseminare gli indizi. Dovevano essere punti comuni
a tutte le case, come la cassetta delle lettere, il calendario, la lavapiatti,
un portagioie, e che fossero collegati a ricordi di famiglia. Ci sono stati dei
piccoli inconvenienti, come mia zia che, ignara di tutto, ha azionato la
lavapiatti con il biglietto dentro. Ma anche aiuti insperati, come mia madre
che, sotto gli occhi stupiti miei e di mia sorella, prima di cena, per mettersi
degli orecchini, ha tirato fuori il suo portagioie da una libreria del
corridoio, nascosto dietro a dei libri, risparmiandoci infinite ricerche per
trovarlo e nascondere il bigliettino.
Mia madre, che ha faticato un po’ a capire il funzionamento
di una caccia al tesoro, è poi riuscita, in realtà, ad avere varie intuizioni
corrette, mentre mio padre si è rivelato sorprendentemente veloce nell’andare a
prendere gli indizi; arrivava sempre prima degli altri due gruppi, e bisognava costringerlo
ad aspettarli.
Ora è il 25 e sono seduta al tavolo del salotto con la
solita pila di libri accanto, dopo essermi riproposta come sempre: “Passo tutta
la giornata di Natale e leggere i libri nuovi”. Ma poi mi sono sentita in colpa
come sempre e mi sono messa a scrivere e a studiare. All’altra estremità del
tavolo, A ascolta lezioni di chimica registrate e disegna reazioni chimiche su
un foglio. È così quasi da due ore. Di tanto in tanto dice qualcosa, ma sono
nomi di composti chimici.
A pare essere impermeabile al Natale. Allora io provo a stare
nel mezzo. Tra la pila di libri, i regali da guardare e riguardare, gli auguri,
i dolci e il non fare nulla da una parte e lo studio organizzato e uguale a tutti gli altri
giorni di A dall'altra.
Non so come stia andando.
Di tanto in tanto mangio i mandarini rimasti sul tavolo da
ieri sera, insieme a qui frutti piccolini che si chiamano lici e che mia sorella
chiama ogni anno mandarini cinesi. Noi le diciamo che non si chiamano così ma
ormai non mi ricordo come si chiamano, infatti il nome lici l’ho trovato su
google.
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