Il panico e il Natale



Qualche anno fa ho deciso che il Natale mi faceva schifo.

Non credo di averlo deciso perché mi facesse davvero schifo, ma perché mi sembrava la cosa giusta da dichiarare.

E forse perché ero anche un po’ triste e piangente (più del solito) e quindi poi il Natale sembrava dirmi: “Perché non sei contenta?”. Allora invece di cercare di essere contenta (o, perlomeno, non così tanto piagnucolante), ho optato per la soluzione che fosse il più lontana possibile, ovvero dichiarare: “Il Natale mi fa schifo”. Così mi sentivo legittimata a restare triste.

Adesso il mio sentimento è un po’ cambiato. O forse è rimasto lo stesso, ma non mi dico più: “Mi fa schifo”. Alla fine lo trovo carino. E non sono più tanto piangente. Quindi la mia vocina che vorrebbe dire: “Fa schifo” non trova dei grandi riscontri nel mio stato d’animo.

Una cosa che mi piace del Natale è la sua totale e assoluta prevedibilità.

La trovo molto rassicurante.

Le mie cugine e i miei zii vengono sempre a casa dei miei genitori, si mangiano sempre le stesse cose (con leggerissime varianti), è apparecchiato sempre allo stesso modo. Mio padre dichiara sempre che il salmone marinato che mia madre fa uguale ogni anno ha un sapore diverso dall’anno prima, mia madre chiede sempre a mio padre di aiutarlo a fare le stesse cose (ovvero i pacchetti e tagliare il salmone, perché lei non lo sa fare), mio padre ogni anno si rintana nel suo studio e ogni anno torna a casa troppo tardi, anche se ogni anno mia madre gli chiede di tornare prima e lui ogni anno dice che lo farà.
L’unica cosa che cambia leggermente, oltre ai regali, sono gli argomenti di conversazione.
Quest’anno abbiamo parlato di svariati argomenti: serie tv da vedere, in questa casa fa troppo caldo, la proposta di matrimonio del fidanzato della figlia della parrucchiera, la volta che nonno è caduto all’indietro da una scala, le possibili location per il matrimonio della figlia della parrucchiera, tutti i cibi che nonno si rifiutava sempre di mangiare, la parrucchiera sta spendendo troppi soldi per il matrimonio della figlia e allora non le potrà più comprare casa. Poi è seguita una riflessione sui costi dei matrimoni con racconti ed esempi di matrimoni di conoscenti, sia quelli che sono costati troppo sia quelli che invece sono costati il giusto.

Ad un certo punto la conversazione si ferma, si aprono i regali, che a casa mia sono un’infinità, e poi ci si saluta. Ogni anno mia cugina porta buste piene di giochi da tavola ai quali speriamo di giocare e ai quali puntualmente non giochiamo mai, ma ogni anno continuiamo a sperare. 

Il 25 mi sveglio e faccio sempre le stesse cose o quasi, ovvero leggere tutti i libri che ho ricevuto (ovvero, iniziarli tutti e non riuscire a decidere quale leggere per primo e quindi poi non leggerne nessuno). 

Mi piace che tutto si ripeta. Anche tutta la parte prima, della vigilia, che è sempre uguale. La gente un po’ frenetica che si accinge a preparare, che corre da una parte all'altra lanciando auguri per la strada. A me piace. Solo che non lo ammetto a me stessa. Perché mi vergogno. Mi sento schiava del consumismo. Mi sento influenzabile dai fatti accanto a me. Mi sento priva di una mia opinione.  

Allora cerco di ritornare al mio “il Natale mi fa schifo”, ma non ci riesco. Allora provo a fare in un altro modo, e il 25 mi metto a studiare e a scrivere  (come sto facendo adesso) e mi dico che è come sempre, è un giorno comune. Solo che poi mi stufo di studiare e anche di scrivere e allora smetto e mi giustifico: "Posso anche non fare nulla, è Natale". 

La coerenza non è la chiave per capire e vivere il Natale. 

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