Le cose uguali e il Natale (e gli imprevisti)

 


A me piacciono le cose uguali.

Ogni mattina, appena mi alzo, bevo dell’acqua, in genere tiepida. Poi medito. Poi faccio yoga. In questo ordine.

Prima di iniziare a fare yoga metto a cuocere il porridge, così da averlo pronto una volta finito (anche se è quasi sempre impossibile trovare la stessa esatta consistenza e riuscire a farlo uguale ogni mattina).

Mentre faccio yoga ascolto le notizie. In genere inizio yoga a cavallo tra Radio 3 Mondo e la rassegna stampa, ma quando faccio un po’ più tardi lo inizio nel bel mezzo della rassegna stampa. Se è ancora più tardi, non lo faccio. E mi angoscio all’idea di fare una cosa diversa, ma questa è un’altra storia.

Quando ho finito yoga, se il porridge ancora non è cotto del tutto (lo metto a fuoco molto basso per non farlo attaccare nel frattempo), rifaccio il letto (dopo essermi messa la tuta per yoga, infatti, ho aperto la finestra della camera per far cambiare l’aria).

Spesso, nel bel mezzo di tutto ciò, A. mi guarda e mi dice: “Come sei brava, che fai tutte queste cose la mattina”.

Solo che non è bravura, è un’ossessione. Perché se qualcosa va storto, io mi sento male.

A meno che non sia all’interno di un’altra routine, con le sue regole. Per esempio, quella della corsa. Mi alzo, mi cambio, prendo la bici e vado a correre. Faccio sempre lo stesso giro, ci metto sempre lo stesso tempo. Poi torno indietro. Faccio colazione, rifaccio il letto.

Tutto deve essere all’interno di qualcosa.

Qualche giorno fa mi sono venute in mente le cose uguali perché ho pensato di scrivere un articolo sul Natale, e poi ho pensato che il Natale è sempre uguale. E quindi non sapevo cosa dire di nuovo.

Poi il mondo intorno a me mi è venuto in soccorso.

Due giorni fa, poco prima di pranzo, mia madre mi ha chiamato esclamando che la sorella del ragazzo di mia sorella era risultata positiva al Covid. E poiché sia mia sorella che il ragazzo di mia sorella avevano visto la sorella del ragazzo di mia sorella, dovevano restare in isolamento a casa loro fuori Milano.

Si sono susseguite una serie di telefonate in cui mia madre e io ci chiedevamo quanto il contatto fosse davvero un contatto: erano all’aperto, avevano la mascherina. Certo, hanno mangiato dei pasticcini. Appurato che sarebbero dovuti restare lì in isolamento, siamo passate a un ciclo diverso di telefonate sull’argomento “Come risolvere il Natale?”

A., che odia il Natale, ha subito decretato: “Benissimo, spostiamo il Natale a inizio gennaio. Perfetto”.

Solo che non era così semplice, ovviamente.

Mia madre e io abbiamo passato la giornata di ieri a proporre via via diverse soluzioni, tutte ugualmente non convincenti. Fare la tradizionale cena con zie, zii e cugine e poi replicarla con mia sorella. Ma quando replicarla? E in quale casa?

Fare la cena con tutti quanti ma non aprire i regali e aprirli poi con mia sorella. Ma quando? Fare la cena ma aprire metà regali.

Ad un certo punto di questa infinita conversazione, A. e io ci siamo messi a vedere Harry Potter e la pietra filosofale, probabilmente la cosa più natalizia che io abbia fatto quest’anno.

Ho infatti iniziato a proporre ad A. la lettura di varie saghe che secondo me costituivano una grande lacuna nel suo bagaglio culturale. Quello che non avevo calcolato, però, è che lui non approccia le cose un pezzetto alla volta, come faccio io. Ha finito i sette libri di Harry Potter in due settimane, smettendo praticamente di fare qualunque altra cosa. Quindi ora siamo passati ai film, che vediamo con i miei ritmi. (Ma a lui il mio ritmo è già stato stretto perché oggi, dopo pranzo, ha visto Harry Potter e la camera dei segreti da solo).

Durante il film, mentre io e mia madre continuavamo a scriverci senza giungere ad alcuna conclusione, arriva la notizia che un altro membro della famiglia è in isolamento: questa volta è una delle mie cugine.

Salta la cena della vigilia. A., senza staccare gli occhi da Harry Potter, dice: “Vedi, si fa Natale a gennaio”.

E quindi ci siamo ritrovati tutti con i piani stravolti, separati e in attesa di vederci.

Ho continuato a vedere Harry Potter, pensando che a me piacciono le cose uguali.

La pandemia sta diventando, invece, una grande palestra per allenarmi agli imprevisti e alle cose diverse. È una cosa molto utile da imparare.

Io preferivo lo stesso le cose uguali.

 

 

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