Il panico e le pause
Esiste una frase difficile da dire ed è: “Ho bisogno di fare
una pausa.” È difficile innanzitutto per il suo incipit: è sempre difficile
proclamare un proprio bisogno, soprattutto così apertamente e senza giri di
parole. Ma, soprattutto, è difficile per la seconda parte: “Una pausa”. Reputo
le pause un concetto difficile.
Le trovo più maneggiabili quando vengono imposte da fuori e
vanno solo seguite, eseguite. Allora la pausa assume contorni netti e precisi.
Assume anche una dimensione di fretta e panico se è molto breve e si vogliono
fare molte cose. Però è gestibile.
Ma la pausa è difficile soprattutto quando non arriva da
fuori, ma quando sono io che decido di volerla fare. Quindi, in genere, io non
decido di volerla fare o, perlomeno, lo evito il più possibile. Aspetto che sia
la pausa ad arrivare da me e a reclamare la sua esistenza a gran voce. Aspetto
che il suo arrivo sia assolutamente necessario e fondamentale, improrogabile.
Quando è ormai chiaro che non riesco a fare quello che sto provando a fare e
che, quindi, sarebbe opportuna una pausa. In genere arriva prima
l’impossibilità di continuare della decisione di fare una pausa.
Questo non vuole dire che non ci siano pause che mi
piacciono, ma che sono tutte difficili e che trovo più semplici quelle dettate
da fuori. La pausa mentre si fanno delle prove. La pausa durante una lezione.
Ma anche un amico o un’amica che propone una pausa caffè mentre si sta
lavorando o studiando insieme. Io le considero persone coraggiosissime. Dico
sempre di sì quando la propongono (anche perché, probabilmente, ho passato il
tempo che precede la pausa a sperare che la proponessero, magari trovando degli
argomenti che la facessero venire in mente). Ma, ovviamente, senza arrivare a
proporla apertamente.
Alcune pause, quindi, mi piacciono. La pausa per il caffè
dopo pranzo, per esempio. Solo che, per essere una pausa, deve interrompere
qualcosa, deve essere un riposo da qualcos’altro, allora a volte capita che
magari, subito prima di farla, io inizi una serie di cose faticose che non
vorrei svolgere in quel momento solo per potermi fermare e prendere una pausa.
A volte funziona, altre volte no, perché avevo bisogno di una pausa prima, non
dopo aver fatto un’altra cosa.
Il concetto di pausa è un concetto complesso da afferrare. Anche
la sua durata lo è: quanto può durare una pausa? Ma la domanda che si cela
dietro a questa è, in realtà, un’altra: e se la pausa dura per sempre? Se
quello che c’era prima non ricomincia più ma continua solo una lunga,
interminabile pausa?
È per questo che non faccio le pause, a meno che non siano
loro a reclamarlo.
Ho cercato di ricordarmi delle pause di quando ero piccola
ma non ne ho trovata nessuna. Credo che questo voglia indicare che le pause non
c’erano, prima. Era tutto una grande pausa e niente era una grande pausa. La
pausa non si chiamava pausa ma si chiamava merenda, magari. Si chiamava in
altri modi o era semplicemente l’interruzione di qualcosa che non volevo fare
più.
Ho scritto tutte queste frasi sulla pausa e sulla paura che
mi genera perché ho pensato di fare una piccola pausa con il blog, una piccola
pausa estiva. Si può notare come io abbia scritto due volte l’aggettivo
“piccola” accanto a pausa per ridurne la portata, per non sentire la sua forza
travolgente. Non so perché ho pensato questa cosa della pausa estiva (mi sono
frenata dallo scrivere di nuovo “piccola”). Forse ci ho pensato perché a volte,
in estate, mi scordo un po’ di fare le cose.
La frase precedente è una bugia e io non mi scordo mai di
fare le cose, solo che mi andava di scriverlo perché suonava bene e perché è
una cosa che mi piacerebbe tantissimo riuscire a fare. Non so se ho grandi
speranze in realtà, perché anche nei minuscoli attimi in cui davvero dimentico
qualcosa mi viene talmente tanto panico che mi blocco, mi angoscio, mi maledico
e prendo l’agenda per scrivere tutte le altre cose che potrei dimenticarmi e
poi, non soddisfatta, le scrivo anche su altri fogli e poi, ancora non
soddisfatta, le dico ad A. per aiutarmi a ricordarle (ma lui non ha memoria e
quindi è inutile.)
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