Il panico e le crepe nere
Qualche mattina fa mi sono svegliata e c’era il panico.
Non so bene perché. Non so che cosa ci fosse di diverso dal
solito. L’unica ipotesi che sono riuscita a formulare è stata l’ora legale, che
mi fa svegliare quando ancora è buio e mi fa credere che le giornate siano
infinite, ma non mi è parsa una spiegazione sufficiente.
Non so bene come mi accorgo del panico. Forse sono le mie
mani che non stanno ferme, il respiro che va veloce e la testa che non trova
pace.
Ma, soprattutto, sono le crepe.
Il panico crea crepe nelle cose.
Io provo a parlarci. Gli dico cosa ho intenzione di fare
quel giorno, ma ad ogni cosa che gli propongo il panico infila dentro una crepa.
Le cose sono sempre le stesse, ma non del tutto. Sono storte e hanno dei buchi.
Allora provo a cambiarle. Penso che, forse, ho scelto le
cose sbagliate. Ne seleziono di nuove, ma il panico crea delle altre crepe
anche dentro di loro.
Allora cerco di risalire all’origine delle crepe e all’origine
del panico. Da dove viene? Perché proprio adesso? Perché proprio oggi che
l’aria è bella?
Ma non riesco neanche a trovare la sua origine (l’ipotesi dell’ora legale non mi pare poi così esaustiva).
Allora penso che sono io che sono sbagliata. Questo è un
pensiero facile.
Però ho notato con sorpresa che neanche questo funziona del
tutto, perché a volte, invece, mi sembra di essere proprio giusta. Quindi non
capisco come io possa essere così sbagliata se in alcuni momenti sono così
giusta.
Quando ripeto per tante volte di seguito le cose ai bambini,
quando scrivo china sul quaderno, quando leggo un libro che mi piace e quando
mi muovo lenta nel giardino. In quei momenti mi sento giusta e penso che il
panico non esiste più.
Quelli sono i momenti in cui sono calma. Quando c’è la calma
riesco ad osservare le cose che ci sono fuori e quelle che si trovano dentro.
Con il panico, invece, il dentro straborda, invade il fuori
e non scorgo più nulla.
L’altro giorno, in giardino, il mio panico occupava tutto lo
spazio che avevo intorno. Gli uccellini che cinguettavano, la luce della
mattina, i rami contro il cielo, qualche fiore che è spuntato, l’erba umida.
Avevano tutti una crepa dentro.
Spesso queste crepe sono nere e quando il panico è molto
forte si allargano e ricoprono di nero tutte le cose. Io mi sforzo di guardarle
meglio, ma più io le fisso più loro mi restituiscono indietro solo nero.
Ad un certo punto mi sono messa a fare yoga nel giardino con
le crepe. Per la prima volta l’ho fatto da sola, senza la tipa di youtube che
mi ripete cosa fare. L’ho ascoltata talmente tante volte nell’ultimo anno che
sentivo comunque la sua voce nelle orecchie mentre mi muovevo.
Ho osservato i miei piedi nei calzini fermi sull’erba. Ho
ascoltato la mia testa che ripeteva tante cose.
Ho notato le mie forme a volte scomposte e storte.
Ho scordato alcune posizioni, altre le ho ripetute per poche volte o tenute per troppo poco, e ho impiegato molto meno tempo di quello che
ci impiega la tipa di yotube a fare le stesse cose.
Stavo per arrabbiarmi, poi una voce sfuggita alla crepa mi
ha detto: “Sto imparando”.
Dopo un po’ ho sentito qualche uccello, anche loro stavano
riuscendo a sfuggire alle crepe.
Photo by Nathan Anderson on Unsplash
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