Il panico e l'incertezza


Io non so stare nell’incertezza. Nelle cose che non si capiscono bene e che cambiano in ogni momento. Nelle cose che possono essere una cosa ma subito dopo possono esserne un’altra.

Io non riesco a stare bene in quello che non riesco a controllare.

Ieri ho letto su un libro di psicologia che esistono persone dal pensiero complesso e altre dal pensiero semplice. Quelle dal pensiero complesso, tra le altre cose, riescono a stare nell’incertezza. A me sembrava di poter possedere le altre caratteristiche del pensiero complesso, ma poi ho letto questa dell’incertezza e ho dedotto che non ho un pensiero complesso.

Almeno il libro dice che non c’è una correlazione positiva tra intelligenza e pensiero complesso.

Ad A piace molto l’incertezza. Se gli chiedo: "Che passeggiata vuoi fare domani?", lui risponde che non lo sa. Oppure risponde una cosa e poi la cambia. (E io mi arrabbio). Quando andavamo in dei posti, gli dicevo se voleva andare in uno di questi posti. Al cinema, per esempio. Ma lui decideva sempre all’ultimo.

Oppure, per esempio, dice: "Voglio andare a camminare la mattina appena sveglio". Poi però non gli va e va sempre all'ora di pranzo. Ma non lo decide prima. Questo non decidere prima è quello che non riesco a capire. Oppure dice: "Potremmo andare a sciare" (l’anno scorso, quando non era un suicidio) e poi alla fine siamo andati in Sicilia.

Non è che io non abbia nulla da dire sulle varie questioni. Io ho sempre da dire ma il mio dire è sempre rivolto a tenere stretta un’opzione una volta che è stata proposta (se è un’opzione che a me va bene). Il mio dire cerca di non far cambiare troppe volte le cose. Spesso A e io facciamo intere conversazioni in cui io ripeto: "Ma avevi detto questa cosa, non capisco come ora possa essere quest’altra!" e lo continuo a ripetere incredula, sempre più incredula. Perché lui non ha una risposta: semplicemente, ha cambiato idea.

Non che io non cambi idea. Ma ci penso prima. Poi ci ripenso. Poi ci penso ancora. Poi mi viene il panico delle scelte. Quindi mi blocco. Mi blocco sempre di più. E allora mi adeguo all’idea di A. Solo che poi lui la cambia. E allora io non mi voglio adeguare un’altra volta. Quindi potrei restare con la prima idea, ma una volta che il seme di un’opzione è stato piantato nella mia testa, è difficile per me non considerarlo. Il panico delle scelte è partito.  

Ci sono alcune cose sulle quali il cambiare idea di A non ha alcuna presa su di me, come propormi all’ultimo minuto di allungare una passeggiata quando sono stanchissima, propormi all’ultimo minuto di allungare una passeggiata quando voglio andare a casa a scrivere, propormi all’ultimo minuto di allungare una passeggiata quando ho altre cose da fare a casa, in generale.

Devo dire che sono migliorata. La pandemia ha contribuito enormemente alla mia abilità a stare nell’incertezza, come penso abbia contribuito per tutti. Stare in tutte queste cose che non si riescono a controllare. Imparare a dire alle persone: "Ci vediamo domani" e poi non poterle vedere, senza neanche mandare uno di quei messaggi che io mando sempre appena un appuntamento salta, ovvero un messaggio in cui propongo subito un’altra data e un altro orario (che magari non mi va bene, perché l’ho scritto troppo in fretta, ma era fondamentale scriverlo subito. Non so perché fosse fondamentale). Imparare a dire: "Vorrei tanto fare questa cosa" e poi aggiungere: "Chissà quando la potrò fare".

È proprio dicendomi questa cosa che ho capito di essere migliorata. Il mio panico non si attivava anche se non poteva controllare.

Devo dire che non ho fatto grandi sforzi per migliorare. Credo che il mondo mi abbia aiutato.

Ho scoperto, senza volerlo e senza cercarlo, che non controllare può anche essere gratificante.

Per recuperare sto trovando altre cose da controllare. 

 

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