Il panico e il matrimonio parte 2 - Ancora più distanziamento
Questo post in realtà avrebbe dovuto essere sul matrimonio Zero Waste. Che include svariati oggetti, come i piatti fatti di foglie di palma
cadute, i bicchieri di vetro con segnaposto in cartoncino chiuso con il filo e tanti,
tanti tovaglioli di stoffa.
Solo che poi ho riflettuto su due questioni.
Primo, che si potrà dire se saremo riusciti nel faticoso
intento del matrimonio Zero Waste solo dopo aver portato a termine con successo
il matrimonio Zero Waste.
Secondo: il problema del distanziamento sociale sta
diventando, incredibilmente, ancora più difficile del matrimonio Zero Waste. Cosa
che, almeno, mi rasserena un po’ sulla questione Zero Waste, perché separare le
persone sembra più difficile che vietare a tutti di comprare cibo in plastica.
A e io pensavamo di aver fatto in modo di garantire a
tutti gli invitati di stare tranquilli e distanziati. Soprattutto A, come ho
già scritto. Non perché io non abbia il panico per il contagio. Ma perché il
mio panico per l’organizzazione batte il panico per il contagio.
Stavamo pensando di fare bene fino a quando non abbiamo
mandato a mia cugina, che fa l’epidemiologa, il video del giardino di casa di
A, dove ci sarà il ricevimento. Giardino in cui pensavamo di mettere una
quarantina di persone. Mia cugina ci ha risposto che in quel giardino ne
entravano quindici. Al massimo. E che in un tavolo che le avevamo proposto per
sei persone secondo lei ce ne stavano due, se non una.
Il mio panico, che non è un grande amante delle mezze
misure, ha detto subito: “Ah beh allora non facciamo proprio il ricevimento e
va bene così”.
Mia cugina mi ha risposto che era esagerato, bastava
semplicemente trovare un posto più grande all'aperto. “Di sicuro un prato più
grande si trova lì vicino.”
Solo che a quanto pare non si trovava poi così facilmente.
Abbiamo vagliato una serie di opzioni dopo l’altra, in
un’infinita telefonata a mia cugina che ad ogni posto che proponevamo diceva: "A me non interessa se secondo voi è grande o meno, voglio sapere i metri quadri".
Abbiamo proposto il giardino del vicino di sopra, ma il
vicino di sopra non ha più accesso alla casa e quindi ci ha detto: non vi posso
dare il permesso.
Abbiamo proposto un campo da calcio abbandonato, perfetto
per mia cugina da un punto di vista di metri quadri. Se non fosse che era in
pieno sole, senza neanche un filo d’ombra. E le uniche opzioni per il bagno
erano andare nel bosco accanto oppure fare un quarto d’ora a piedi sotto al
sole per tornare a casa. O usare un bagno chimico, suggerito da mia cugina. Ma
se alla mascherina posso piegarmi, al bagno chimico proprio no.
Il problema del bagno si è riproposto come il problema più
consistente da affrontare.
Anche quando abbiamo proposto l’opzione numero tre: un prato
grande e all'ombra alla fine di una passeggiata. Solo che avremmo dovuto
proporre agli invitati una passeggiata di un’ora sotto al sole a luglio all'ora
di pranzo. E i sopravvissuti all'impresa non avrebbero neanche avuto il bagno.
Come non ce lo avrebbero avuto nell'opzione numero quattro:
un’aia abbandonata ad un quarto d’ora da casa. Peccato che l’aia sia talmente
in disuso che ci sono cresciuti alberi e rovi in mezzo. E che per arrivarci si
debbano percorrere due rivoletti fangosi e pieni di sassi. A ha detto che
avrebbe potuto costruire due scale, una di legno e una di terra, per arrivare.
Io non credevo che una scala si potesse costruire così, dal nulla. Anche se
certo, qualcuno le dovrà pur costruire le scale, non nascono mica già scale. Ho
annuito alla proposta delle scale e non ho detto nulla.
Ma anche l’opzione numero quattro non funzionava. Io allora
ho proposto, sfinita, l’ipotesi numero cinque: dico a tutti gli amici di
restare a casa. Alla fine mi sembrava un’ipotesi molto tranquillizzante, anche
per il mio panico. Con il piccolo inconveniente che i miei amici non mi
avrebbero probabilmente mai più rivolto la parola.
Il punto è che a me e al mio panico non piace molto questa
idea che se ci si sposa si deve pensare sempre al matrimonio. Lo troviamo
riduttivo.
Appena nomino qualcuna delle noiosissime cose da fare per il
matrimonio, tutti mi rispondono che è normale, vanno fatte tante cose per il
matrimonio. Ma anche quando racconto al telefono che sto facendo qualunque altra
cosa, la risposta che ricevo è sempre la stessa: “Eh certo, per un matrimonio c’è
tanto da fare.” Anche se sto studiando, scrivendo, leggendo, passeggiando,
facendo una lavatrice, stendendo, perdendo tempo al computer, rileggendo degli
splendidi diari di quando andavo al liceo in cui scrivevo cose tipo: “Mia madre
ha detto che in questo viaggio a Praga non devo più fare come il viaggio dell’anno
scorso ad Amsterdam, in cui sono stata zitta per tutto il tempo”.
La rilettura dei diari mi sta regalando dei momenti meravigliosi
di disagio passato, perle come: “La crema solare secondo me (ma no ho mai
controllato) mi si appiccica sul viso creando un effetto spaventoso”; Ho
pianto perché non riesco a parlare con nessuno”e “c’erano troppi ragazzi e
ragazze allo stabilimento e allora sono scappata”. Per non parlare della mia
ossessione di dare un nome a qualunque cosa, dalla penna stilografica allo
scoglio in cui stavo seduta.
Solo che, leggendo i diari, mi sono detta: “Ma io in realtà
sono timida, mica posso fare un matrimonio con tante persone. Ma in realtà io
non so parlare con gli altri, quindi non voglio avere tanta gente intorno. In
realtà io ho il panico e il panico sta bene da solo.” Quindi ho sperato nell'ipotesi
numero cinque, ovvero, dico a tutti gli amici di restare a casa.
Poi ho deciso che forse stavo esagerando. Diciamo che il
fatto che questi diari fossero stati scritti quando avevo metà degli anni che
ho adesso mi ha portato a pensare che forse potevo considerarli con appena
un po’ più di distacco.
Quindi ho continuato ad ascoltare mia cugina e i suoi
consigli, ed è emersa l’opzione numero sei da parte dei genitori di A: mettere i
parenti al ristorante e gli amici in giardino. Mia cugina ha approvato l’opzione.
Sempre nella solita chiamata lunghissima, mia cugina mi ha anche detto: “Invece
di pensare alle solite ansie del matrimonio almeno pensate alle ansie per il
distanziamento sociale”. Questo ha molto rasserenato il mio panico. Ha capito
che si stava occupando del distanziamento sociale, non del matrimonio. E che il
distanziamento sociale portava meno persone a stare vicine, dando più spazio
vitale al panico.
Credo che il panico e il distanziamento sociale diventeranno
buoni amici.
Bello lo scritto- Ma cerca di stare tranquilla su tutto: in fondo il matrimonio è tuo e di Alessandro!
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