Diario del panico in quarantena 2
La mia lista di cose da fare al giorno prosegue. Alcune le
faccio. Altre no. Altre le sposto alla lista del giorno dopo. Altre scelgo di
non vederle. Oppure mi stufo e le mando tutte all’aria.
Nel frattempo A passa le sue giornate a leggere dati sul
coronavirus e a fare calcoli sullo sviluppo di nuovi contagi. Nelle pause
scrive a metà della rubrica per chiedere come sta. E io a volte lo interrompo
giusto per attirare l’attenzione, anche se non ho nulla da dire.
Sono successe altre cose in queste due giornate ma le più
rilevanti mi paiono queste:
Ieri è arrivata la spesa. Con tutte le cose che avevamo
comprato, tranne quelle che mancavano perché non c’erano. E ovviamente quello
che mancava era l’essenziale: tre tavolette di cioccolata. Il processo dell’arrivo
della spesa è durato varie ore. A ha liberato tutta la cucina, si è preparato,
è sceso con dei vestiti veri e non una tuta, è risalito ed ha iniziato a
disinfettare tutte le verdure e la frutta sul balcone. Io avevo il compito di
prendere quelle igienizzate e messe in pentola e portarle sul fuoco. E lavarmi
le mani. Ma le mani dovevo lavarmele in due momenti precisi e mi dimenticavo
quali. O le lavavo in cucina invece che in bagno.
L’altra cosa rilevante è che è arrivato un libro che mi
serve a casa dei miei. Dove si trova anche la cioccolata che, invece, mia madre
era riuscita a comprare. Solo che non vedo come poter legittimare i dieci
minuti di strada per arrivare da loro e tornare indietro. Il libro mi serve, ma
mi sembra superfluo. E il mio panico mi dice che sarò additata da persone che
diranno:”Ecco, vedi, è per lei che resteremo per sempre in quarantena, per lei
che esce per andare a prendere un libro e della cioccolata, non sono beni di
prima necessità (anche se ci sarebbe da riflettere sulla questione). Che poi certo, chi mi
addita è fuori con me.
Non so. Ad un certo punto forse prenderò coraggio e andrò. Però
il mio panico si sta abituando a considerarsi parte della tappezzeria, e non
vorrei disturbarlo.
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