L'arte di saper litigare
Io vorrei saper litigare. Ma non lo so fare. Anche gli altri
vorrebbero che io fossi capace.
Io A. a volte litighiamo. Non troppo spesso però. Lui
vorrebbe litigare di più. È che io non sono tanto brava con i conflitti.
Proprio non ce la posso fare. Mi urtano. Mi prudono la pelle. Mi snervano. Mi
tolgono tempo. Mi tolgono energia.
Quindi trovo strategie per aggirarli. Cerco
di tenermi tutto dentro.
Non è una brillante strategia.
Poi ad un certo punto
vomito tutto fuori. Il conflitto si tramuta in un attimo in guerra.
Ci sono varie strategie che si possono adottare per non
litigare.
Annullarsi è uno dei modi più efficaci. È una caratteristica
fondamentale. È la base. Si può fare pratica in ogni luogo.
A scuola, in
famiglia, con gruppi di amici (questo è molto efficace e anche facile), alle
feste. Le feste sono un grande classico. Si può essere invisibili con
pochissimi sforzi alle feste. Il mio posto preferito è, se è inverno, davanti
al termosifone. Si diventa un tutt’uno con il muro e si sta anche al caldo.
Ma
si può fare pratica di annullamento ovunque. Quando andavo alle medie il mio
istruttore di tennis, che mi vedeva un paio d’ore alla settimana d’estate, mi aveva
subito inquadrato: “Tu fai di tutto per renderti invisibile”. A quanto pare si
può essere invisibili anche giocando a tennis.
Un’altra caratteristica fondamentale per evitare i conflitti
è adattarsi. A tutto. Pure a quello a cui non ci si adatta. Io non mi dico che
non mi adatto. Non lo dico neanche a me. Se qualcuno mi chiede: “Ma c’è
qualcosa che non va, qualcosa che ti dà fastidio?”, la mia risposta sarà: “No,
va tutto benissimo.” Magari due minuti dopo sono senza fiato perché mi è venuta
l’allergia o sono in preda a un prurito spaventoso perché qualcosa mi ha dato
fastidio. L’adattamento funziona davvero bene se mi chiedo: “Chissà perché sto
così”.
Oppure ci si può distrarre. O distrarre l’altro. Sviare il
discorso. Dire qualcosa di stupido. Però
bisogna saperlo fare bene.
Tutti questi modi per rifuggire i conflitti in realtà
nascondono una grande sofferenza.
Io vorrei saper litigare.
Mi
manca.
Invidio chi ci riesce. Quando per la strada mi imbatto in una coppia che
litiga, io mi fermo affascinata a guardarli.
Osservo la loro mimica facciale,
il loro coinvolgimento, la posizione del loro corpo, perfetta perché totalmente
concentrata nella loro azione, nel loro sentire. Ascolto le loro urla, alte ma
per una ragione, non semplici urla ma urla colme di significato, di sentimento.
Mi fisso a guardarli. Poi faccio finta di fare la vaga. Intanto li studio. Mi
fingo attentissima a guardare il telefono, e intanto li ascolto.
Io vorrei saper
litigare. Lo vorrei davvero tanto. Secondo me migliorerebbe la mia ansia.
Migliorerebbe la mia asma. Migliorerebbe tutto.
A ancora non si è
arreso, ha ancora speranza in realtà, quindi spesso abbiamo questa
conversazione: “cosa ti fa arrabbiare”-mio sguardo vuoto – “dai, ci sarà
qualcosa”-sguardo vuoto- “dai, arrabbiati”- sguardo vuoto- “per favore,
arrabbiati” – sguardo vuoto – “perché non ti arrabbi?” – sguardo vuoto. Alzata
di spalla. “parliamone” – “ma non sono arrabbiata” – “secondo me sì” – “non
credo” – si si, secondo me sì”- alzata di spalla – “parliamone”-alzata di
spalle – “parliamone” – alzata di spalle – “parliamone”-alzata di spalle-
Non so se c’è speranza in realtà.
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